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La Direttiva Seveso III sui rischi di incidenti rilevanti ha grande incidenza sul panorama industriale nazionale e comunitario. Per darne una chiave di lettura unitaria e facilitata abbiamo raccolto le informazioni disponibili, gli aggiornamenti legislativi, le domande e le risposte degli Enti preposti. Nelle varie sezioni è possibile consultare numerosi approfondimenti con analisi degli aspetti controversi, i focus su specifici settori merceologici, gli strumenti e l’editoria di riferimento.

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FAQ MINAMBIENTE

Quesiti e risposte condivise tra le autorità competenti ed altri soggetti partecipanti al Coordinamento circa l’applicazione del D.lgs. 105 del 2015.

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Art. 2 D.Lg. 105/15 Ambito di applicazione [Art. 2 Dir. 2012/18/UE]

Esclusioni

Presentazione/argomentazione della problematica: L’idrazina idrato al 24% (CAS 7803-57-8) rientra tra le sostanze pericolose specificate nella Parte 2 dell’Allegato 1, alla voce 33: “Le seguenti sostanze CANCEROGENE, o le miscele contenenti le seguenti sostanze cancerogene, in concentrazioni superiori al 5 % in peso: 4-Amminobifenile e/o suoi sali, benzotricloruro, benzidina e/o suoi sali, ossido di bis(clorometile), ossido di clorometile e di metile, 1,2-dibromoetano, solfato di dietile, solfato di dimetile, cloruro di dimetilcarbamoile, 1,2-dibromo-3-cloropropano, 1,2-dimetilidrazina, dimetilnitrosammina, triammide esametilfosforica, idrazina, 2-naftilammina e/o suoi sali, 4-nitrodifenile e 1,3 propansultone“.

Per la voce 33 le quantità limite di soglia sono 0,5/2 tonnellate.

Nel caso in cui il quantitativo della “sostanza pericolosa specificata”, presente in stabilimento, non supera la quantità limite di soglia di cui all’allegato 1 parte 2, si procede con l’applicazione della regola della sommatoria secondo le modalità specificate alla nota 4 dell’Allegato 1, al fine di valutare i pericoli per la salute, i pericoli fisici e i pericoli per l’ambiente e quindi per determinare se lo stabilimento sia soggetto o meno alla soglia inferiore o a quella superiore.

Nel caso specifico, l’idrazina idrata al 24% (CAS 7803-57-8) è presente nello stabilimento in quantitativi superiori alla Colonna 2 (0,5 t) ed inferiori alla Colonna 3 (2 t) della voce 33 della parte 2 dell’allegato 1; risulta, pertanto, necessario considerare il contributo di tale sostanza ai fini della regola della sommatoria anche in relazione alla presenza di altre sostanze specificate e categorie di sostanze pericolose.

L’idrazina idrato al 24% non presenta una classificazione armonizzata ai sensi del Regolamento 1272/2008 CLP e, pertanto, è necessario per la classificazione di pericolo, da contemplare ai fini della applicazione della regola della sommatoria, fare riferimento alla scheda di sicurezza resa disponibile dal gestore.

Nel caso in questione per la sostanza pericolosa idrazina idrata al 24% (CAS 7803-57-8) nella scheda di sicurezza, oltre alla classificazione come cancerogeno, vengono riportate le seguenti classificazioni:

  • Tossicità Acuta Categoria 3 Codice di indicazione di pericolo H331 cui corrisponde la categoria H2 con soglie 50/200 tonnellate;
  • Pericoloso per l’ambiente acquatico, Categoria di Tossicità Acuta 1 Codice di indicazione di pericolo H400 cui corrisponde la categoria E1 con soglie 100/200 tonnellate;
  • Pericoloso per l’ambiente acquatico, Categoria di Tossicità Cronica 1 Codice di indicazione di pericolo H410 cui corrisponde la categoria E1 con soglie 100/200 tonnellate.

Posizione del gestore:
L’idrazina idrata rientra nell’allegato 1 in quanto sostanza cancerogena rientrante nella voce 33. Nelle sommatorie previste dalla nota 4 dell’allegato 1 non si considera questa particolare categoria di pericolo, bensì quelle connesse alla tossicità acuta per l’uomo (categorie da H1 a H3), all’infiammabilità o rischio di sviluppo di energia (categorie da P1 a P8), alla tossicità per l’ambiente acquatico (categorie E1 e E2). Si conclude che per l’idrazina idrata la regola della sommatoria per sostanze pericolose per l’ambiente non debba essere applicata riferendosi ai limiti di soglia dei cancerogeni, ma ai limiti di soglia dei tossici pericolosi per l’ambiente, trattandosi di pericoli differenti: di conseguenza, in tale sommatoria la quantità di idrazina (frasi H400-H410) va divisa per i limiti di soglia della categoria E1 (100/200 t).

Posizione della Commissione Ispettiva e della Autorità Competente:
Sulla base delle classificazioni di pericolo riportate sulla scheda di sicurezza, il contributo della idrazina idrato al 24% entra nella sommatoria per valutare i pericoli per la salute ed in quella per valutare i pericoli per l’ambiente, assieme alle altre sostanze pericolose presenti nello stabilimento, con Il proprio limite di soglia della voce 33 (0,5/2 t).

Posizione del SEG e della Commissione europea:
Nella più recente riunione del Seveso Expert Group presso la Commissione europea, tenutasi il 15 gennaio 2016, gli esperti degli Stati Membri, sollecitati da uno specifico quesito avanzato da uno Stato Membro, hanno concordato, in linea con l’interpretazione della Commissione europea, che nell’applicazione della regola della sommatoria debbono essere considerate le sostanze cancerogene appartenenti alla categoria 33 e che per esse vadano utilizzate le rispettive soglie specifiche ivi riportate (0,5/2 t). Non essendo emerse posizioni in dissenso, la Commissione ha concluso che non è necessaria nessuna ulteriore discussione sull’argomento.

Risposta: Sulla base dei più recenti orientamenti della Commissione Europea e degli esperti degli Stati Membri, il contributo dell’idrazina idrata al 24% e delle altre sostanze ricomprese nella voce 33 dell’allegato 1 parte 2 entra nelle pertinenti sommatorie, relative alle loro eventuali ulteriori categorie di pericolo, assieme a quelli delle altre sostanze pericolose presenti in uno stabilimento, con i limiti di soglia della voce 33, pari a 0,5 e 2 t.

Presentazione/argomentazione della problematica: Come chiarito nella Q&A n.039, approvata, nel Seveso Expert Group n.4 del 15 gennaio 2016 e pubblicata dalla Commissione europea il 1 marzo 2016 (Ref. Ares(2016)1040025 – 01/03/2016) per poter essere ricompresa nella voce n.34, lettera e) combustibili alternativi, una sostanza deve:

  1. essere destinata all’utilizzo come combustibile;
  2. avere proprietà di pericolo simili ai prodotti petroliferi delle lettere a), b), c), d) della voce n.34. Quindi sostanze che hanno una maggiore infiammabilità o sono più pericolose per l’ambiente dei suddetti prodotti petroliferi non possono essere ricompresi tra i combustibili alternativi. Tipicamente i prodotti petroliferi elencati nella voce n.34 sono classificati come liquidi infiammabili e/o pericolosi per
    l’ambiente-categoria di tossicità cronica 2. Ciò suggerisce che un combustibile alternativo deve essere liquido, poiché gas e solidi avrebbero proprietà differenti riguardo all’infiammabilità.

La voce n.34 include le miscele di combustibili alternativi con qualunque prodotto petrolifero ricomprese nelle lettere a), b), c) o d), a meno che la miscela non possa essere considerata ancora come un prodotto petrolifero.

La voce combustibili alternativi, sebbene non escluda altri combustibili di origine non-petrolifera, fu inizialmente introdotta per non discriminare i combustibili originati da fonti sostenibili e rinnovabili rispetto ai prodotti petroliferi.

Inoltre nell’introduzione dell’Allegato 1 del D.lgs.105/2015, al secondo capoverso viene specificato che: “Qualora una sostanza pericolosa sia compresa nella parte 1 del presente allegato e sia elencata anche nella parte 2, si applicano le quantità limite di cui alle colonne 2 e 3 della parte 2.”

Risposta: Il bio-diesel rientra nella voce n.34 lettera e) della parte 2

dell’Allegato1 del D.lgs.105/2015 nel caso in cui sia destinato all’utilizzo come combustibile ed abbia proprietà di pericolo simili ai prodotti petroliferi delle lettere a), b), c), d) della voce n. 34; in tal caso si applicano ad esso le quantità limite di cui alle colonne 2 e 3 della parte 2.

Presentazione/argomentazione della problematica: L’art.3 comma 1 lettera l), fornisce la seguente definizione di sostanza pericolosa: “ …. una sostanza o miscela di cui alla parte 1 o elencata nella

parte 2 dell’allegato 1, sotto forma di materia prima, prodotto, sottoprodotto, residuo o prodotto intermedio; …”. Non viene dunque fornita, ai fini dell’applicazione del D.lgs.105/2015, alcuna specificazione relativamente alle modalità di immagazzinamento, stoccaggio, produzione, utilizzo o manipolazione della sostanza pericolosa nello
stabilimento, tale da poter escludere il gestore dagli obblighi stabiliti dal D.lgs.105/2015, nel caso in cui nello stabilimento siano presenti sostanze pericolose in quantità pari o superiori alle quantità elencate nelle colonne 2 e 3 delle parti 1 o 2 dell’allegato 1.

Risposta: Gli oli lubrificanti presenti nello stabilimento come prodotti stoccati in magazzino in confezioni sigillate, nel caso in cui siano classificati come sostanza pericolosa ai sensi dell’art. 3, comma 1 lettera l) devono essere considerati ai fini dell’applicazione del D.lgs. 105/2015, a prescindere dalle modalità di immagazzinamento e imballaggio.

Presentazione/argomentazione della problematica: Il gestore di uno stabilimento di rigenerazione di oli usati (rigenerabili e non rigenerabili) ha classificato tale rifiuto, stoccato presso lo stabilimento, dotato di codice CER e di n. CAS 70514-12-4 (olio lubrificante) attribuendo ad esso la voce n.34 Prodotti petroliferi e combustibili alternativi dell’Allegato 1, parte 2. La scheda di sicurezza non evidenzia nessuna delle categorie/voci di pericolo della parte 1 dell’Allegato 1. Infatti la SdS riporta la classificazione Carc.1B con frasi di rischio H350-Può provocare il cancro/H304-può essere letale in caso di ingestione e di penetrazione nelle vie respiratorie/H412 -Nocivo per gli organismi acquatici con effetti di lunga durata Trattandosi di un rifiuto, all’olio usato è stata dunque applicata la nota 5 dell’Allegato 1 del D.lgs. 105/2015, che recita: 5. Le sostanze pericolose che non sono comprese nel regolamento (CE) n. 1272/2008, compresi i rifiuti, ma che si trovano o possono trovarsi in uno stabilimento e che presentano o possono presentare, nelle condizioni esistenti in detto stabilimento, proprietà analoghe per quanto riguarda la possibilità di incidenti rilevanti, sono provvisoriamente assimilate alla categoria o alla sostanza pericolosa specificata più simile che ricade nell’ambito di applicazione del presente decreto. Il Consorzio Obbligatorio Oli Usati da parte sua, in una nota inviata al MATTM, motiva tale posizione mettendo in evidenza, a partire dalla risposta N.39 fornita dal Seveso Expert Group presso la Commissione europea, gli elementi seguenti:

Elemento qualificante richiesto Caratteristiche degli oli usati
Essere destinati ad un uso come combustibile Tutti gli oli usati possono essere destinati ad uso come combustibile per quanto a conoscenza di chi effettua il recupero. E’ un impiego alternativo che tuttavia il DETENTORE ha la facoltà di perseguire nel caso ci siano dei vincoli tecnico economici e organizzativi che ne impediscano un utilizzo più nobile, il recupero di materia mediante la rigenerazione. Una decisione la cui responsabilità rimane affidata al Detentore.
Presentare caratteristiche di pericolosità simili a quelle dei prodotti petroliferi da (a) a (d) della voce 34. Come detto gli oli usati hanno caratteristiche simili agli oli Lubrificanti da cui provengono
Essere allo stato liquido Gli oli usati sono allo stato liquido
Essere un “liquido infiammabile” e/o “pericoloso per l’ambiente cronico di categoria 2” Gli oli usati sono “liquidi infiammabili” e/o “pericolosi per l’ambiente cronico di categoria 2”..
Non essere riferibili ad altre sostanze specificate nella parte 2 dell’Allegato 1 Gli oli usati non sono riferibili ad altre sostanze comprese nella parte 2 dell’Allegato 1
Riferirsi a combustibili provenienti da fonti sostenibili e rinnovabili Questa voce sembra essere scritta apposta per qualificare gli oli usati, la cui caratteristica è proprio la sostenibilità e la rinnovabilità nell’ottica della riduzione dell’impatto ambientale

Con riferimento agli argomentazioni fornite dal COOU si rileva quanto segue: – la rispondenza agli elementi di cui ai punti 3 e 5 risulta verificata; – le motivazioni addotte per dimostrare la rispondenza agli elementi 1 e 2 appaiono lasciare dei margini di incertezza in relazione ai seguenti punti: – l’assimilazione degli oli usati a combustibili alternativi, poiché l’utilizzo come combustibile degli oli usati appare residuale (cfr. art.236 c.12 del TU 152/2006 e smi), essendo previsto nel caso in cui effettivi vincoli di carattere tecnico economico e organizzativo ostino alla rigenerazione tesa alla produzione di oli base e in considerazione del fatto che tale impiego, in una prospettiva di tutela ambientale, risulta meno sostenibile della rigenerazione, che costituisce il fine principale di questa filiera industriale; – gli oli usati sono certamente simili agli oli lubrificanti, ma questi ultimi non sono esplicitamente ricompresi nelle categorie di prodotti petroliferi da a) a d) della voce 34; la similitudine degli oli lubrificanti a tali prodotti è dunque da verificare sulla base delle schede di sicurezza degli oli usati, o documentazione tecnica equivalente, da cui si evincano le loro caratteristiche di pericolosità; – la motivazione addotta per dimostrare la rispondenza all’elemento 6 non appare condivisibile in quanto in questo contesto (e in altri) si intende qualificare come alternativo, pur non escludendo altri combustibili di origine non petrolifera, un combustibile proveniente da fonti sostenibili e rinnovabili, con esclusione di quelli originati da fonti fossili. La precisazione è stata infatti inserita, in fase di approvazione della Direttiva europea 18/2012/UE per non discriminare i combustibili non aventi origine petrolifera, attribuendo a essi soglie di assoggettabilità più basse, derivanti dalle loro caratteristiche chimico-fisiche e di pericolosità.

Risposta: Gli oli usati possono essere assoggettati al D.lgs.105/2015, con riferimento alla nota 5 dell’Allegato 1, assimilandoli ai prodotti petroliferi da a) a d) di cui alla voce n. 34, purché siano verificate le seguenti condizioni: 1. che siano allo stato liquido; 2. che non siano riferibili ad altre sostanze specificate nella parte 2 dell’Allegato 1; 3. che siano destinati, nel quadro e ai sensi delle norme e delle autorizzazioni di settore vigenti, all’utilizzo come combustibile sulla base di effettivi vincoli di carattere tecnico economico e organizzativo che ostino alla rigenerazione tesa alla produzione di oli base (rif. art.236 c.12 del TU 152/2006), documentati per i controlli da parte delle Autorità competenti; 4. che l’assimilazione degli oli usati ai prodotti petroliferi da a) a d) della voce 34 sia dimostrata sulla base delle schede di sicurezza, o di altra documentazione tecnica equivalente, da cui si evincano le specifiche caratteristiche di pericolosità in modo da giustificare il fatto che tali prodotti siano ascritti fra quelli petroliferi.

Art. 13 D.Lg. 105/15 Notifica [Art. 7 Dir. 2012/18/UE]

Primo invio della notifica

Presentazione/argomentazione della problematica: L’idrazina idrato al 24% (CAS 7803-57-8) rientra tra le sostanze pericolose specificate nella Parte 2 dell’Allegato 1, alla voce 33: “Le seguenti sostanze CANCEROGENE, o le miscele contenenti le seguenti sostanze cancerogene, in concentrazioni superiori al 5 % in peso: 4-Amminobifenile e/o suoi sali, benzotricloruro, benzidina e/o suoi sali, ossido di bis(clorometile), ossido di clorometile e di metile, 1,2-dibromoetano, solfato di dietile, solfato di dimetile, cloruro di dimetilcarbamoile, 1,2-dibromo-3-cloropropano, 1,2-dimetilidrazina, dimetilnitrosammina, triammide esametilfosforica, idrazina, 2-naftilammina e/o suoi sali, 4-nitrodifenile e 1,3 propansultone“.

Per la voce 33 le quantità limite di soglia sono 0,5/2 tonnellate.

Nel caso in cui il quantitativo della “sostanza pericolosa specificata”, presente in stabilimento, non supera la quantità limite di soglia di cui all’allegato 1 parte 2, si procede con l’applicazione della regola della sommatoria secondo le modalità specificate alla nota 4 dell’Allegato 1, al fine di valutare i pericoli per la salute, i pericoli fisici e i pericoli per l’ambiente e quindi per determinare se lo stabilimento sia soggetto o meno alla soglia inferiore o a quella superiore.

Nel caso specifico, l’idrazina idrata al 24% (CAS 7803-57-8) è presente nello stabilimento in quantitativi superiori alla Colonna 2 (0,5 t) ed inferiori alla Colonna 3 (2 t) della voce 33 della parte 2 dell’allegato 1; risulta, pertanto, necessario considerare il contributo di tale sostanza ai fini della regola della sommatoria anche in relazione alla presenza di altre sostanze specificate e categorie di sostanze pericolose.

L’idrazina idrato al 24% non presenta una classificazione armonizzata ai sensi del Regolamento 1272/2008 CLP e, pertanto, è necessario per la classificazione di pericolo, da contemplare ai fini della applicazione della regola della sommatoria, fare riferimento alla scheda di sicurezza resa disponibile dal gestore.

Nel caso in questione per la sostanza pericolosa idrazina idrata al 24% (CAS 7803-57-8) nella scheda di sicurezza, oltre alla classificazione come cancerogeno, vengono riportate le seguenti classificazioni:

  • Tossicità Acuta Categoria 3 Codice di indicazione di pericolo H331 cui corrisponde la categoria H2 con soglie 50/200 tonnellate;
  • Pericoloso per l’ambiente acquatico, Categoria di Tossicità Acuta 1 Codice di indicazione di pericolo H400 cui corrisponde la categoria E1 con soglie 100/200 tonnellate;
  • Pericoloso per l’ambiente acquatico, Categoria di Tossicità Cronica 1 Codice di indicazione di pericolo H410 cui corrisponde la categoria E1 con soglie 100/200 tonnellate.

Posizione del gestore:
L’idrazina idrata rientra nell’allegato 1 in quanto sostanza cancerogena rientrante nella voce 33. Nelle sommatorie previste dalla nota 4 dell’allegato 1 non si considera questa particolare categoria di pericolo, bensì quelle connesse alla tossicità acuta per l’uomo (categorie da H1 a H3), all’infiammabilità o rischio di sviluppo di energia (categorie da P1 a P8), alla tossicità per l’ambiente acquatico (categorie E1 e E2). Si conclude che per l’idrazina idrata la regola della sommatoria per sostanze pericolose per l’ambiente non debba essere applicata riferendosi ai limiti di soglia dei cancerogeni, ma ai limiti di soglia dei tossici pericolosi per l’ambiente, trattandosi di pericoli differenti: di conseguenza, in tale sommatoria la quantità di idrazina (frasi H400-H410) va divisa per i limiti di soglia della categoria E1 (100/200 t).

Posizione della Commissione Ispettiva e della Autorità Competente:
Sulla base delle classificazioni di pericolo riportate sulla scheda di sicurezza, il contributo della idrazina idrato al 24% entra nella sommatoria per valutare i pericoli per la salute ed in quella per valutare i pericoli per l’ambiente, assieme alle altre sostanze pericolose presenti nello stabilimento, con Il proprio limite di soglia della voce 33 (0,5/2 t).

Posizione del SEG e della Commissione europea:
Nella più recente riunione del Seveso Expert Group presso la Commissione europea, tenutasi il 15 gennaio 2016, gli esperti degli Stati Membri, sollecitati da uno specifico quesito avanzato da uno Stato Membro, hanno concordato, in linea con l’interpretazione della Commissione europea, che nell’applicazione della regola della sommatoria debbono essere considerate le sostanze cancerogene appartenenti alla categoria 33 e che per esse vadano utilizzate le rispettive soglie specifiche ivi riportate (0,5/2 t). Non essendo emerse posizioni in dissenso, la Commissione ha concluso che non è necessaria nessuna ulteriore discussione sull’argomento.

Risposta: Sulla base dei più recenti orientamenti della Commissione Europea e degli esperti degli Stati Membri, il contributo dell’idrazina idrata al 24% e delle altre sostanze ricomprese nella voce 33 dell’allegato 1 parte 2 entra nelle pertinenti sommatorie, relative alle loro eventuali ulteriori categorie di pericolo, assieme a quelli delle altre sostanze pericolose presenti in uno stabilimento, con i limiti di soglia della voce 33, pari a 0,5 e 2 t.

Presentazione/argomentazione della problematica: Come chiarito nella Q&A n.039, approvata, nel Seveso Expert Group n.4 del 15 gennaio 2016 e pubblicata dalla Commissione europea il 1 marzo 2016 (Ref. Ares(2016)1040025 – 01/03/2016) per poter essere ricompresa nella voce n.34, lettera e) combustibili alternativi, una sostanza deve:

  1. essere destinata all’utilizzo come combustibile;
  2. avere proprietà di pericolo simili ai prodotti petroliferi delle lettere a), b), c), d) della voce n.34. Quindi sostanze che hanno una maggiore infiammabilità o sono più pericolose per l’ambiente dei suddetti prodotti petroliferi non possono essere ricompresi tra i combustibili alternativi. Tipicamente i prodotti petroliferi elencati nella voce n.34 sono classificati come liquidi infiammabili e/o pericolosi per
    l’ambiente-categoria di tossicità cronica 2. Ciò suggerisce che un combustibile alternativo deve essere liquido, poiché gas e solidi avrebbero proprietà differenti riguardo all’infiammabilità.

La voce n.34 include le miscele di combustibili alternativi con qualunque prodotto petrolifero ricomprese nelle lettere a), b), c) o d), a meno che la miscela non possa essere considerata ancora come un prodotto petrolifero.

La voce combustibili alternativi, sebbene non escluda altri combustibili di origine non-petrolifera, fu inizialmente introdotta per non discriminare i combustibili originati da fonti sostenibili e rinnovabili rispetto ai prodotti petroliferi.

Inoltre nell’introduzione dell’Allegato 1 del D.lgs.105/2015, al secondo capoverso viene specificato che: “Qualora una sostanza pericolosa sia compresa nella parte 1 del presente allegato e sia elencata anche nella parte 2, si applicano le quantità limite di cui alle colonne 2 e 3 della parte 2.”

Risposta: Il bio-diesel rientra nella voce n.34 lettera e) della parte 2

dell’Allegato1 del D.lgs.105/2015 nel caso in cui sia destinato all’utilizzo come combustibile ed abbia proprietà di pericolo simili ai prodotti petroliferi delle lettere a), b), c), d) della voce n. 34; in tal caso si applicano ad esso le quantità limite di cui alle colonne 2 e 3 della parte 2.

Presentazione/argomentazione della problematica: L’art.3 comma 1 lettera l), fornisce la seguente definizione di sostanza pericolosa: “ …. una sostanza o miscela di cui alla parte 1 o elencata nella

parte 2 dell’allegato 1, sotto forma di materia prima, prodotto, sottoprodotto, residuo o prodotto intermedio; …”. Non viene dunque fornita, ai fini dell’applicazione del D.lgs.105/2015, alcuna specificazione relativamente alle modalità di immagazzinamento, stoccaggio, produzione, utilizzo o manipolazione della sostanza pericolosa nello
stabilimento, tale da poter escludere il gestore dagli obblighi stabiliti dal D.lgs.105/2015, nel caso in cui nello stabilimento siano presenti sostanze pericolose in quantità pari o superiori alle quantità elencate nelle colonne 2 e 3 delle parti 1 o 2 dell’allegato 1.

Risposta: Gli oli lubrificanti presenti nello stabilimento come prodotti stoccati in magazzino in confezioni sigillate, nel caso in cui siano classificati come sostanza pericolosa ai sensi dell’art. 3, comma 1 lettera l) devono essere considerati ai fini dell’applicazione del D.lgs. 105/2015, a prescindere dalle modalità di immagazzinamento e imballaggio.

Presentazione/argomentazione della problematica: Il gestore di uno stabilimento di rigenerazione di oli usati (rigenerabili e non rigenerabili) ha classificato tale rifiuto, stoccato presso lo stabilimento, dotato di codice CER e di n. CAS 70514-12-4 (olio lubrificante) attribuendo ad esso la voce n.34 Prodotti petroliferi e combustibili alternativi dell’Allegato 1, parte 2. La scheda di sicurezza non evidenzia nessuna delle categorie/voci di pericolo della parte 1 dell’Allegato 1. Infatti la SdS riporta la classificazione Carc.1B con frasi di rischio H350-Può provocare il cancro/H304-può essere letale in caso di ingestione e di penetrazione nelle vie respiratorie/H412 -Nocivo per gli organismi acquatici con effetti di lunga durata Trattandosi di un rifiuto, all’olio usato è stata dunque applicata la nota 5 dell’Allegato 1 del D.lgs. 105/2015, che recita: 5. Le sostanze pericolose che non sono comprese nel regolamento (CE) n. 1272/2008, compresi i rifiuti, ma che si trovano o possono trovarsi in uno stabilimento e che presentano o possono presentare, nelle condizioni esistenti in detto stabilimento, proprietà analoghe per quanto riguarda la possibilità di incidenti rilevanti, sono provvisoriamente assimilate alla categoria o alla sostanza pericolosa specificata più simile che ricade nell’ambito di applicazione del presente decreto. Il Consorzio Obbligatorio Oli Usati da parte sua, in una nota inviata al MATTM, motiva tale posizione mettendo in evidenza, a partire dalla risposta N.39 fornita dal Seveso Expert Group presso la Commissione europea, gli elementi seguenti:

Elemento qualificante richiesto Caratteristiche degli oli usati
Essere destinati ad un uso come combustibile Tutti gli oli usati possono essere destinati ad uso come combustibile per quanto a conoscenza di chi effettua il recupero. E’ un impiego alternativo che tuttavia il DETENTORE ha la facoltà di perseguire nel caso ci siano dei vincoli tecnico economici e organizzativi che ne impediscano un utilizzo più nobile, il recupero di materia mediante la rigenerazione. Una decisione la cui responsabilità rimane affidata al Detentore.
Presentare caratteristiche di pericolosità simili a quelle dei prodotti petroliferi da (a) a (d) della voce 34. Come detto gli oli usati hanno caratteristiche simili agli oli Lubrificanti da cui provengono
Essere allo stato liquido Gli oli usati sono allo stato liquido
Essere un “liquido infiammabile” e/o “pericoloso per l’ambiente cronico di categoria 2” Gli oli usati sono “liquidi infiammabili” e/o “pericolosi per l’ambiente cronico di categoria 2”..
Non essere riferibili ad altre sostanze specificate nella parte 2 dell’Allegato 1 Gli oli usati non sono riferibili ad altre sostanze comprese nella parte 2 dell’Allegato 1
Riferirsi a combustibili provenienti da fonti sostenibili e rinnovabili Questa voce sembra essere scritta apposta per qualificare gli oli usati, la cui caratteristica è proprio la sostenibilità e la rinnovabilità nell’ottica della riduzione dell’impatto ambientale

Con riferimento agli argomentazioni fornite dal COOU si rileva quanto segue: – la rispondenza agli elementi di cui ai punti 3 e 5 risulta verificata; – le motivazioni addotte per dimostrare la rispondenza agli elementi 1 e 2 appaiono lasciare dei margini di incertezza in relazione ai seguenti punti: – l’assimilazione degli oli usati a combustibili alternativi, poiché l’utilizzo come combustibile degli oli usati appare residuale (cfr. art.236 c.12 del TU 152/2006 e smi), essendo previsto nel caso in cui effettivi vincoli di carattere tecnico economico e organizzativo ostino alla rigenerazione tesa alla produzione di oli base e in considerazione del fatto che tale impiego, in una prospettiva di tutela ambientale, risulta meno sostenibile della rigenerazione, che costituisce il fine principale di questa filiera industriale; – gli oli usati sono certamente simili agli oli lubrificanti, ma questi ultimi non sono esplicitamente ricompresi nelle categorie di prodotti petroliferi da a) a d) della voce 34; la similitudine degli oli lubrificanti a tali prodotti è dunque da verificare sulla base delle schede di sicurezza degli oli usati, o documentazione tecnica equivalente, da cui si evincano le loro caratteristiche di pericolosità; – la motivazione addotta per dimostrare la rispondenza all’elemento 6 non appare condivisibile in quanto in questo contesto (e in altri) si intende qualificare come alternativo, pur non escludendo altri combustibili di origine non petrolifera, un combustibile proveniente da fonti sostenibili e rinnovabili, con esclusione di quelli originati da fonti fossili. La precisazione è stata infatti inserita, in fase di approvazione della Direttiva europea 18/2012/UE per non discriminare i combustibili non aventi origine petrolifera, attribuendo a essi soglie di assoggettabilità più basse, derivanti dalle loro caratteristiche chimico-fisiche e di pericolosità.

Risposta: Gli oli usati possono essere assoggettati al D.lgs.105/2015, con riferimento alla nota 5 dell’Allegato 1, assimilandoli ai prodotti petroliferi da a) a d) di cui alla voce n. 34, purché siano verificate le seguenti condizioni: 1. che siano allo stato liquido; 2. che non siano riferibili ad altre sostanze specificate nella parte 2 dell’Allegato 1; 3. che siano destinati, nel quadro e ai sensi delle norme e delle autorizzazioni di settore vigenti, all’utilizzo come combustibile sulla base di effettivi vincoli di carattere tecnico economico e organizzativo che ostino alla rigenerazione tesa alla produzione di oli base (rif. art.236 c.12 del TU 152/2006), documentati per i controlli da parte delle Autorità competenti; 4. che l’assimilazione degli oli usati ai prodotti petroliferi da a) a d) della voce 34 sia dimostrata sulla base delle schede di sicurezza, o di altra documentazione tecnica equivalente, da cui si evincano le specifiche caratteristiche di pericolosità in modo da giustificare il fatto che tali prodotti siano ascritti fra quelli petroliferi.

Art. 17 D.Lg. 105/15 Valutazione del Rapporto di Sicurezza [Art. 10 Dir. 2012/18/UE]

Generalità

Presentazione/argomentazione della problematica: L’idrazina idrato al 24% (CAS 7803-57-8) rientra tra le sostanze pericolose specificate nella Parte 2 dell’Allegato 1, alla voce 33: “Le seguenti sostanze CANCEROGENE, o le miscele contenenti le seguenti sostanze cancerogene, in concentrazioni superiori al 5 % in peso: 4-Amminobifenile e/o suoi sali, benzotricloruro, benzidina e/o suoi sali, ossido di bis(clorometile), ossido di clorometile e di metile, 1,2-dibromoetano, solfato di dietile, solfato di dimetile, cloruro di dimetilcarbamoile, 1,2-dibromo-3-cloropropano, 1,2-dimetilidrazina, dimetilnitrosammina, triammide esametilfosforica, idrazina, 2-naftilammina e/o suoi sali, 4-nitrodifenile e 1,3 propansultone“.

Per la voce 33 le quantità limite di soglia sono 0,5/2 tonnellate.

Nel caso in cui il quantitativo della “sostanza pericolosa specificata”, presente in stabilimento, non supera la quantità limite di soglia di cui all’allegato 1 parte 2, si procede con l’applicazione della regola della sommatoria secondo le modalità specificate alla nota 4 dell’Allegato 1, al fine di valutare i pericoli per la salute, i pericoli fisici e i pericoli per l’ambiente e quindi per determinare se lo stabilimento sia soggetto o meno alla soglia inferiore o a quella superiore.

Nel caso specifico, l’idrazina idrata al 24% (CAS 7803-57-8) è presente nello stabilimento in quantitativi superiori alla Colonna 2 (0,5 t) ed inferiori alla Colonna 3 (2 t) della voce 33 della parte 2 dell’allegato 1; risulta, pertanto, necessario considerare il contributo di tale sostanza ai fini della regola della sommatoria anche in relazione alla presenza di altre sostanze specificate e categorie di sostanze pericolose.

L’idrazina idrato al 24% non presenta una classificazione armonizzata ai sensi del Regolamento 1272/2008 CLP e, pertanto, è necessario per la classificazione di pericolo, da contemplare ai fini della applicazione della regola della sommatoria, fare riferimento alla scheda di sicurezza resa disponibile dal gestore.

Nel caso in questione per la sostanza pericolosa idrazina idrata al 24% (CAS 7803-57-8) nella scheda di sicurezza, oltre alla classificazione come cancerogeno, vengono riportate le seguenti classificazioni:

  • Tossicità Acuta Categoria 3 Codice di indicazione di pericolo H331 cui corrisponde la categoria H2 con soglie 50/200 tonnellate;
  • Pericoloso per l’ambiente acquatico, Categoria di Tossicità Acuta 1 Codice di indicazione di pericolo H400 cui corrisponde la categoria E1 con soglie 100/200 tonnellate;
  • Pericoloso per l’ambiente acquatico, Categoria di Tossicità Cronica 1 Codice di indicazione di pericolo H410 cui corrisponde la categoria E1 con soglie 100/200 tonnellate.

Posizione del gestore:
L’idrazina idrata rientra nell’allegato 1 in quanto sostanza cancerogena rientrante nella voce 33. Nelle sommatorie previste dalla nota 4 dell’allegato 1 non si considera questa particolare categoria di pericolo, bensì quelle connesse alla tossicità acuta per l’uomo (categorie da H1 a H3), all’infiammabilità o rischio di sviluppo di energia (categorie da P1 a P8), alla tossicità per l’ambiente acquatico (categorie E1 e E2). Si conclude che per l’idrazina idrata la regola della sommatoria per sostanze pericolose per l’ambiente non debba essere applicata riferendosi ai limiti di soglia dei cancerogeni, ma ai limiti di soglia dei tossici pericolosi per l’ambiente, trattandosi di pericoli differenti: di conseguenza, in tale sommatoria la quantità di idrazina (frasi H400-H410) va divisa per i limiti di soglia della categoria E1 (100/200 t).

Posizione della Commissione Ispettiva e della Autorità Competente:
Sulla base delle classificazioni di pericolo riportate sulla scheda di sicurezza, il contributo della idrazina idrato al 24% entra nella sommatoria per valutare i pericoli per la salute ed in quella per valutare i pericoli per l’ambiente, assieme alle altre sostanze pericolose presenti nello stabilimento, con Il proprio limite di soglia della voce 33 (0,5/2 t).

Posizione del SEG e della Commissione europea:
Nella più recente riunione del Seveso Expert Group presso la Commissione europea, tenutasi il 15 gennaio 2016, gli esperti degli Stati Membri, sollecitati da uno specifico quesito avanzato da uno Stato Membro, hanno concordato, in linea con l’interpretazione della Commissione europea, che nell’applicazione della regola della sommatoria debbono essere considerate le sostanze cancerogene appartenenti alla categoria 33 e che per esse vadano utilizzate le rispettive soglie specifiche ivi riportate (0,5/2 t). Non essendo emerse posizioni in dissenso, la Commissione ha concluso che non è necessaria nessuna ulteriore discussione sull’argomento.

Risposta: Sulla base dei più recenti orientamenti della Commissione Europea e degli esperti degli Stati Membri, il contributo dell’idrazina idrata al 24% e delle altre sostanze ricomprese nella voce 33 dell’allegato 1 parte 2 entra nelle pertinenti sommatorie, relative alle loro eventuali ulteriori categorie di pericolo, assieme a quelli delle altre sostanze pericolose presenti in uno stabilimento, con i limiti di soglia della voce 33, pari a 0,5 e 2 t.

Presentazione/argomentazione della problematica: Come chiarito nella Q&A n.039, approvata, nel Seveso Expert Group n.4 del 15 gennaio 2016 e pubblicata dalla Commissione europea il 1 marzo 2016 (Ref. Ares(2016)1040025 – 01/03/2016) per poter essere ricompresa nella voce n.34, lettera e) combustibili alternativi, una sostanza deve:

  1. essere destinata all’utilizzo come combustibile;
  2. avere proprietà di pericolo simili ai prodotti petroliferi delle lettere a), b), c), d) della voce n.34. Quindi sostanze che hanno una maggiore infiammabilità o sono più pericolose per l’ambiente dei suddetti prodotti petroliferi non possono essere ricompresi tra i combustibili alternativi. Tipicamente i prodotti petroliferi elencati nella voce n.34 sono classificati come liquidi infiammabili e/o pericolosi per
    l’ambiente-categoria di tossicità cronica 2. Ciò suggerisce che un combustibile alternativo deve essere liquido, poiché gas e solidi avrebbero proprietà differenti riguardo all’infiammabilità.

La voce n.34 include le miscele di combustibili alternativi con qualunque prodotto petrolifero ricomprese nelle lettere a), b), c) o d), a meno che la miscela non possa essere considerata ancora come un prodotto petrolifero.

La voce combustibili alternativi, sebbene non escluda altri combustibili di origine non-petrolifera, fu inizialmente introdotta per non discriminare i combustibili originati da fonti sostenibili e rinnovabili rispetto ai prodotti petroliferi.

Inoltre nell’introduzione dell’Allegato 1 del D.lgs.105/2015, al secondo capoverso viene specificato che: “Qualora una sostanza pericolosa sia compresa nella parte 1 del presente allegato e sia elencata anche nella parte 2, si applicano le quantità limite di cui alle colonne 2 e 3 della parte 2.”

Risposta: Il bio-diesel rientra nella voce n.34 lettera e) della parte 2

dell’Allegato1 del D.lgs.105/2015 nel caso in cui sia destinato all’utilizzo come combustibile ed abbia proprietà di pericolo simili ai prodotti petroliferi delle lettere a), b), c), d) della voce n. 34; in tal caso si applicano ad esso le quantità limite di cui alle colonne 2 e 3 della parte 2.

Presentazione/argomentazione della problematica: L’art.3 comma 1 lettera l), fornisce la seguente definizione di sostanza pericolosa: “ …. una sostanza o miscela di cui alla parte 1 o elencata nella

parte 2 dell’allegato 1, sotto forma di materia prima, prodotto, sottoprodotto, residuo o prodotto intermedio; …”. Non viene dunque fornita, ai fini dell’applicazione del D.lgs.105/2015, alcuna specificazione relativamente alle modalità di immagazzinamento, stoccaggio, produzione, utilizzo o manipolazione della sostanza pericolosa nello
stabilimento, tale da poter escludere il gestore dagli obblighi stabiliti dal D.lgs.105/2015, nel caso in cui nello stabilimento siano presenti sostanze pericolose in quantità pari o superiori alle quantità elencate nelle colonne 2 e 3 delle parti 1 o 2 dell’allegato 1.

Risposta: Gli oli lubrificanti presenti nello stabilimento come prodotti stoccati in magazzino in confezioni sigillate, nel caso in cui siano classificati come sostanza pericolosa ai sensi dell’art. 3, comma 1 lettera l) devono essere considerati ai fini dell’applicazione del D.lgs. 105/2015, a prescindere dalle modalità di immagazzinamento e imballaggio.

Presentazione/argomentazione della problematica: Il gestore di uno stabilimento di rigenerazione di oli usati (rigenerabili e non rigenerabili) ha classificato tale rifiuto, stoccato presso lo stabilimento, dotato di codice CER e di n. CAS 70514-12-4 (olio lubrificante) attribuendo ad esso la voce n.34 Prodotti petroliferi e combustibili alternativi dell’Allegato 1, parte 2. La scheda di sicurezza non evidenzia nessuna delle categorie/voci di pericolo della parte 1 dell’Allegato 1. Infatti la SdS riporta la classificazione Carc.1B con frasi di rischio H350-Può provocare il cancro/H304-può essere letale in caso di ingestione e di penetrazione nelle vie respiratorie/H412 -Nocivo per gli organismi acquatici con effetti di lunga durata Trattandosi di un rifiuto, all’olio usato è stata dunque applicata la nota 5 dell’Allegato 1 del D.lgs. 105/2015, che recita: 5. Le sostanze pericolose che non sono comprese nel regolamento (CE) n. 1272/2008, compresi i rifiuti, ma che si trovano o possono trovarsi in uno stabilimento e che presentano o possono presentare, nelle condizioni esistenti in detto stabilimento, proprietà analoghe per quanto riguarda la possibilità di incidenti rilevanti, sono provvisoriamente assimilate alla categoria o alla sostanza pericolosa specificata più simile che ricade nell’ambito di applicazione del presente decreto. Il Consorzio Obbligatorio Oli Usati da parte sua, in una nota inviata al MATTM, motiva tale posizione mettendo in evidenza, a partire dalla risposta N.39 fornita dal Seveso Expert Group presso la Commissione europea, gli elementi seguenti:

Elemento qualificante richiesto Caratteristiche degli oli usati
Essere destinati ad un uso come combustibile Tutti gli oli usati possono essere destinati ad uso come combustibile per quanto a conoscenza di chi effettua il recupero. E’ un impiego alternativo che tuttavia il DETENTORE ha la facoltà di perseguire nel caso ci siano dei vincoli tecnico economici e organizzativi che ne impediscano un utilizzo più nobile, il recupero di materia mediante la rigenerazione. Una decisione la cui responsabilità rimane affidata al Detentore.
Presentare caratteristiche di pericolosità simili a quelle dei prodotti petroliferi da (a) a (d) della voce 34. Come detto gli oli usati hanno caratteristiche simili agli oli Lubrificanti da cui provengono
Essere allo stato liquido Gli oli usati sono allo stato liquido
Essere un “liquido infiammabile” e/o “pericoloso per l’ambiente cronico di categoria 2” Gli oli usati sono “liquidi infiammabili” e/o “pericolosi per l’ambiente cronico di categoria 2”..
Non essere riferibili ad altre sostanze specificate nella parte 2 dell’Allegato 1 Gli oli usati non sono riferibili ad altre sostanze comprese nella parte 2 dell’Allegato 1
Riferirsi a combustibili provenienti da fonti sostenibili e rinnovabili Questa voce sembra essere scritta apposta per qualificare gli oli usati, la cui caratteristica è proprio la sostenibilità e la rinnovabilità nell’ottica della riduzione dell’impatto ambientale

Con riferimento agli argomentazioni fornite dal COOU si rileva quanto segue: – la rispondenza agli elementi di cui ai punti 3 e 5 risulta verificata; – le motivazioni addotte per dimostrare la rispondenza agli elementi 1 e 2 appaiono lasciare dei margini di incertezza in relazione ai seguenti punti: – l’assimilazione degli oli usati a combustibili alternativi, poiché l’utilizzo come combustibile degli oli usati appare residuale (cfr. art.236 c.12 del TU 152/2006 e smi), essendo previsto nel caso in cui effettivi vincoli di carattere tecnico economico e organizzativo ostino alla rigenerazione tesa alla produzione di oli base e in considerazione del fatto che tale impiego, in una prospettiva di tutela ambientale, risulta meno sostenibile della rigenerazione, che costituisce il fine principale di questa filiera industriale; – gli oli usati sono certamente simili agli oli lubrificanti, ma questi ultimi non sono esplicitamente ricompresi nelle categorie di prodotti petroliferi da a) a d) della voce 34; la similitudine degli oli lubrificanti a tali prodotti è dunque da verificare sulla base delle schede di sicurezza degli oli usati, o documentazione tecnica equivalente, da cui si evincano le loro caratteristiche di pericolosità; – la motivazione addotta per dimostrare la rispondenza all’elemento 6 non appare condivisibile in quanto in questo contesto (e in altri) si intende qualificare come alternativo, pur non escludendo altri combustibili di origine non petrolifera, un combustibile proveniente da fonti sostenibili e rinnovabili, con esclusione di quelli originati da fonti fossili. La precisazione è stata infatti inserita, in fase di approvazione della Direttiva europea 18/2012/UE per non discriminare i combustibili non aventi origine petrolifera, attribuendo a essi soglie di assoggettabilità più basse, derivanti dalle loro caratteristiche chimico-fisiche e di pericolosità.

Risposta: Gli oli usati possono essere assoggettati al D.lgs.105/2015, con riferimento alla nota 5 dell’Allegato 1, assimilandoli ai prodotti petroliferi da a) a d) di cui alla voce n. 34, purché siano verificate le seguenti condizioni: 1. che siano allo stato liquido; 2. che non siano riferibili ad altre sostanze specificate nella parte 2 dell’Allegato 1; 3. che siano destinati, nel quadro e ai sensi delle norme e delle autorizzazioni di settore vigenti, all’utilizzo come combustibile sulla base di effettivi vincoli di carattere tecnico economico e organizzativo che ostino alla rigenerazione tesa alla produzione di oli base (rif. art.236 c.12 del TU 152/2006), documentati per i controlli da parte delle Autorità competenti; 4. che l’assimilazione degli oli usati ai prodotti petroliferi da a) a d) della voce 34 sia dimostrata sulla base delle schede di sicurezza, o di altra documentazione tecnica equivalente, da cui si evincano le specifiche caratteristiche di pericolosità in modo da giustificare il fatto che tali prodotti siano ascritti fra quelli petroliferi.

Art. 19 D.Lg. 105/15 Effetto Domino [Art. 9 Dir. 2012/18/UE]

Generalità

Presentazione/argomentazione della problematica: L’idrazina idrato al 24% (CAS 7803-57-8) rientra tra le sostanze pericolose specificate nella Parte 2 dell’Allegato 1, alla voce 33: “Le seguenti sostanze CANCEROGENE, o le miscele contenenti le seguenti sostanze cancerogene, in concentrazioni superiori al 5 % in peso: 4-Amminobifenile e/o suoi sali, benzotricloruro, benzidina e/o suoi sali, ossido di bis(clorometile), ossido di clorometile e di metile, 1,2-dibromoetano, solfato di dietile, solfato di dimetile, cloruro di dimetilcarbamoile, 1,2-dibromo-3-cloropropano, 1,2-dimetilidrazina, dimetilnitrosammina, triammide esametilfosforica, idrazina, 2-naftilammina e/o suoi sali, 4-nitrodifenile e 1,3 propansultone“.

Per la voce 33 le quantità limite di soglia sono 0,5/2 tonnellate.

Nel caso in cui il quantitativo della “sostanza pericolosa specificata”, presente in stabilimento, non supera la quantità limite di soglia di cui all’allegato 1 parte 2, si procede con l’applicazione della regola della sommatoria secondo le modalità specificate alla nota 4 dell’Allegato 1, al fine di valutare i pericoli per la salute, i pericoli fisici e i pericoli per l’ambiente e quindi per determinare se lo stabilimento sia soggetto o meno alla soglia inferiore o a quella superiore.

Nel caso specifico, l’idrazina idrata al 24% (CAS 7803-57-8) è presente nello stabilimento in quantitativi superiori alla Colonna 2 (0,5 t) ed inferiori alla Colonna 3 (2 t) della voce 33 della parte 2 dell’allegato 1; risulta, pertanto, necessario considerare il contributo di tale sostanza ai fini della regola della sommatoria anche in relazione alla presenza di altre sostanze specificate e categorie di sostanze pericolose.

L’idrazina idrato al 24% non presenta una classificazione armonizzata ai sensi del Regolamento 1272/2008 CLP e, pertanto, è necessario per la classificazione di pericolo, da contemplare ai fini della applicazione della regola della sommatoria, fare riferimento alla scheda di sicurezza resa disponibile dal gestore.

Nel caso in questione per la sostanza pericolosa idrazina idrata al 24% (CAS 7803-57-8) nella scheda di sicurezza, oltre alla classificazione come cancerogeno, vengono riportate le seguenti classificazioni:

  • Tossicità Acuta Categoria 3 Codice di indicazione di pericolo H331 cui corrisponde la categoria H2 con soglie 50/200 tonnellate;
  • Pericoloso per l’ambiente acquatico, Categoria di Tossicità Acuta 1 Codice di indicazione di pericolo H400 cui corrisponde la categoria E1 con soglie 100/200 tonnellate;
  • Pericoloso per l’ambiente acquatico, Categoria di Tossicità Cronica 1 Codice di indicazione di pericolo H410 cui corrisponde la categoria E1 con soglie 100/200 tonnellate.

Posizione del gestore:
L’idrazina idrata rientra nell’allegato 1 in quanto sostanza cancerogena rientrante nella voce 33. Nelle sommatorie previste dalla nota 4 dell’allegato 1 non si considera questa particolare categoria di pericolo, bensì quelle connesse alla tossicità acuta per l’uomo (categorie da H1 a H3), all’infiammabilità o rischio di sviluppo di energia (categorie da P1 a P8), alla tossicità per l’ambiente acquatico (categorie E1 e E2). Si conclude che per l’idrazina idrata la regola della sommatoria per sostanze pericolose per l’ambiente non debba essere applicata riferendosi ai limiti di soglia dei cancerogeni, ma ai limiti di soglia dei tossici pericolosi per l’ambiente, trattandosi di pericoli differenti: di conseguenza, in tale sommatoria la quantità di idrazina (frasi H400-H410) va divisa per i limiti di soglia della categoria E1 (100/200 t).

Posizione della Commissione Ispettiva e della Autorità Competente:
Sulla base delle classificazioni di pericolo riportate sulla scheda di sicurezza, il contributo della idrazina idrato al 24% entra nella sommatoria per valutare i pericoli per la salute ed in quella per valutare i pericoli per l’ambiente, assieme alle altre sostanze pericolose presenti nello stabilimento, con Il proprio limite di soglia della voce 33 (0,5/2 t).

Posizione del SEG e della Commissione europea:
Nella più recente riunione del Seveso Expert Group presso la Commissione europea, tenutasi il 15 gennaio 2016, gli esperti degli Stati Membri, sollecitati da uno specifico quesito avanzato da uno Stato Membro, hanno concordato, in linea con l’interpretazione della Commissione europea, che nell’applicazione della regola della sommatoria debbono essere considerate le sostanze cancerogene appartenenti alla categoria 33 e che per esse vadano utilizzate le rispettive soglie specifiche ivi riportate (0,5/2 t). Non essendo emerse posizioni in dissenso, la Commissione ha concluso che non è necessaria nessuna ulteriore discussione sull’argomento.

Risposta: Sulla base dei più recenti orientamenti della Commissione Europea e degli esperti degli Stati Membri, il contributo dell’idrazina idrata al 24% e delle altre sostanze ricomprese nella voce 33 dell’allegato 1 parte 2 entra nelle pertinenti sommatorie, relative alle loro eventuali ulteriori categorie di pericolo, assieme a quelli delle altre sostanze pericolose presenti in uno stabilimento, con i limiti di soglia della voce 33, pari a 0,5 e 2 t.

Presentazione/argomentazione della problematica: Come chiarito nella Q&A n.039, approvata, nel Seveso Expert Group n.4 del 15 gennaio 2016 e pubblicata dalla Commissione europea il 1 marzo 2016 (Ref. Ares(2016)1040025 – 01/03/2016) per poter essere ricompresa nella voce n.34, lettera e) combustibili alternativi, una sostanza deve:

  1. essere destinata all’utilizzo come combustibile;
  2. avere proprietà di pericolo simili ai prodotti petroliferi delle lettere a), b), c), d) della voce n.34. Quindi sostanze che hanno una maggiore infiammabilità o sono più pericolose per l’ambiente dei suddetti prodotti petroliferi non possono essere ricompresi tra i combustibili alternativi. Tipicamente i prodotti petroliferi elencati nella voce n.34 sono classificati come liquidi infiammabili e/o pericolosi per
    l’ambiente-categoria di tossicità cronica 2. Ciò suggerisce che un combustibile alternativo deve essere liquido, poiché gas e solidi avrebbero proprietà differenti riguardo all’infiammabilità.

La voce n.34 include le miscele di combustibili alternativi con qualunque prodotto petrolifero ricomprese nelle lettere a), b), c) o d), a meno che la miscela non possa essere considerata ancora come un prodotto petrolifero.

La voce combustibili alternativi, sebbene non escluda altri combustibili di origine non-petrolifera, fu inizialmente introdotta per non discriminare i combustibili originati da fonti sostenibili e rinnovabili rispetto ai prodotti petroliferi.

Inoltre nell’introduzione dell’Allegato 1 del D.lgs.105/2015, al secondo capoverso viene specificato che: “Qualora una sostanza pericolosa sia compresa nella parte 1 del presente allegato e sia elencata anche nella parte 2, si applicano le quantità limite di cui alle colonne 2 e 3 della parte 2.”

Risposta: Il bio-diesel rientra nella voce n.34 lettera e) della parte 2

dell’Allegato1 del D.lgs.105/2015 nel caso in cui sia destinato all’utilizzo come combustibile ed abbia proprietà di pericolo simili ai prodotti petroliferi delle lettere a), b), c), d) della voce n. 34; in tal caso si applicano ad esso le quantità limite di cui alle colonne 2 e 3 della parte 2.

Presentazione/argomentazione della problematica: L’art.3 comma 1 lettera l), fornisce la seguente definizione di sostanza pericolosa: “ …. una sostanza o miscela di cui alla parte 1 o elencata nella

parte 2 dell’allegato 1, sotto forma di materia prima, prodotto, sottoprodotto, residuo o prodotto intermedio; …”. Non viene dunque fornita, ai fini dell’applicazione del D.lgs.105/2015, alcuna specificazione relativamente alle modalità di immagazzinamento, stoccaggio, produzione, utilizzo o manipolazione della sostanza pericolosa nello
stabilimento, tale da poter escludere il gestore dagli obblighi stabiliti dal D.lgs.105/2015, nel caso in cui nello stabilimento siano presenti sostanze pericolose in quantità pari o superiori alle quantità elencate nelle colonne 2 e 3 delle parti 1 o 2 dell’allegato 1.

Risposta: Gli oli lubrificanti presenti nello stabilimento come prodotti stoccati in magazzino in confezioni sigillate, nel caso in cui siano classificati come sostanza pericolosa ai sensi dell’art. 3, comma 1 lettera l) devono essere considerati ai fini dell’applicazione del D.lgs. 105/2015, a prescindere dalle modalità di immagazzinamento e imballaggio.

Presentazione/argomentazione della problematica: Il gestore di uno stabilimento di rigenerazione di oli usati (rigenerabili e non rigenerabili) ha classificato tale rifiuto, stoccato presso lo stabilimento, dotato di codice CER e di n. CAS 70514-12-4 (olio lubrificante) attribuendo ad esso la voce n.34 Prodotti petroliferi e combustibili alternativi dell’Allegato 1, parte 2. La scheda di sicurezza non evidenzia nessuna delle categorie/voci di pericolo della parte 1 dell’Allegato 1. Infatti la SdS riporta la classificazione Carc.1B con frasi di rischio H350-Può provocare il cancro/H304-può essere letale in caso di ingestione e di penetrazione nelle vie respiratorie/H412 -Nocivo per gli organismi acquatici con effetti di lunga durata Trattandosi di un rifiuto, all’olio usato è stata dunque applicata la nota 5 dell’Allegato 1 del D.lgs. 105/2015, che recita: 5. Le sostanze pericolose che non sono comprese nel regolamento (CE) n. 1272/2008, compresi i rifiuti, ma che si trovano o possono trovarsi in uno stabilimento e che presentano o possono presentare, nelle condizioni esistenti in detto stabilimento, proprietà analoghe per quanto riguarda la possibilità di incidenti rilevanti, sono provvisoriamente assimilate alla categoria o alla sostanza pericolosa specificata più simile che ricade nell’ambito di applicazione del presente decreto. Il Consorzio Obbligatorio Oli Usati da parte sua, in una nota inviata al MATTM, motiva tale posizione mettendo in evidenza, a partire dalla risposta N.39 fornita dal Seveso Expert Group presso la Commissione europea, gli elementi seguenti:

Elemento qualificante richiesto Caratteristiche degli oli usati
Essere destinati ad un uso come combustibile Tutti gli oli usati possono essere destinati ad uso come combustibile per quanto a conoscenza di chi effettua il recupero. E’ un impiego alternativo che tuttavia il DETENTORE ha la facoltà di perseguire nel caso ci siano dei vincoli tecnico economici e organizzativi che ne impediscano un utilizzo più nobile, il recupero di materia mediante la rigenerazione. Una decisione la cui responsabilità rimane affidata al Detentore.
Presentare caratteristiche di pericolosità simili a quelle dei prodotti petroliferi da (a) a (d) della voce 34. Come detto gli oli usati hanno caratteristiche simili agli oli Lubrificanti da cui provengono
Essere allo stato liquido Gli oli usati sono allo stato liquido
Essere un “liquido infiammabile” e/o “pericoloso per l’ambiente cronico di categoria 2” Gli oli usati sono “liquidi infiammabili” e/o “pericolosi per l’ambiente cronico di categoria 2”..
Non essere riferibili ad altre sostanze specificate nella parte 2 dell’Allegato 1 Gli oli usati non sono riferibili ad altre sostanze comprese nella parte 2 dell’Allegato 1
Riferirsi a combustibili provenienti da fonti sostenibili e rinnovabili Questa voce sembra essere scritta apposta per qualificare gli oli usati, la cui caratteristica è proprio la sostenibilità e la rinnovabilità nell’ottica della riduzione dell’impatto ambientale

Con riferimento agli argomentazioni fornite dal COOU si rileva quanto segue: – la rispondenza agli elementi di cui ai punti 3 e 5 risulta verificata; – le motivazioni addotte per dimostrare la rispondenza agli elementi 1 e 2 appaiono lasciare dei margini di incertezza in relazione ai seguenti punti: – l’assimilazione degli oli usati a combustibili alternativi, poiché l’utilizzo come combustibile degli oli usati appare residuale (cfr. art.236 c.12 del TU 152/2006 e smi), essendo previsto nel caso in cui effettivi vincoli di carattere tecnico economico e organizzativo ostino alla rigenerazione tesa alla produzione di oli base e in considerazione del fatto che tale impiego, in una prospettiva di tutela ambientale, risulta meno sostenibile della rigenerazione, che costituisce il fine principale di questa filiera industriale; – gli oli usati sono certamente simili agli oli lubrificanti, ma questi ultimi non sono esplicitamente ricompresi nelle categorie di prodotti petroliferi da a) a d) della voce 34; la similitudine degli oli lubrificanti a tali prodotti è dunque da verificare sulla base delle schede di sicurezza degli oli usati, o documentazione tecnica equivalente, da cui si evincano le loro caratteristiche di pericolosità; – la motivazione addotta per dimostrare la rispondenza all’elemento 6 non appare condivisibile in quanto in questo contesto (e in altri) si intende qualificare come alternativo, pur non escludendo altri combustibili di origine non petrolifera, un combustibile proveniente da fonti sostenibili e rinnovabili, con esclusione di quelli originati da fonti fossili. La precisazione è stata infatti inserita, in fase di approvazione della Direttiva europea 18/2012/UE per non discriminare i combustibili non aventi origine petrolifera, attribuendo a essi soglie di assoggettabilità più basse, derivanti dalle loro caratteristiche chimico-fisiche e di pericolosità.

Risposta: Gli oli usati possono essere assoggettati al D.lgs.105/2015, con riferimento alla nota 5 dell’Allegato 1, assimilandoli ai prodotti petroliferi da a) a d) di cui alla voce n. 34, purché siano verificate le seguenti condizioni: 1. che siano allo stato liquido; 2. che non siano riferibili ad altre sostanze specificate nella parte 2 dell’Allegato 1; 3. che siano destinati, nel quadro e ai sensi delle norme e delle autorizzazioni di settore vigenti, all’utilizzo come combustibile sulla base di effettivi vincoli di carattere tecnico economico e organizzativo che ostino alla rigenerazione tesa alla produzione di oli base (rif. art.236 c.12 del TU 152/2006), documentati per i controlli da parte delle Autorità competenti; 4. che l’assimilazione degli oli usati ai prodotti petroliferi da a) a d) della voce 34 sia dimostrata sulla base delle schede di sicurezza, o di altra documentazione tecnica equivalente, da cui si evincano le specifiche caratteristiche di pericolosità in modo da giustificare il fatto che tali prodotti siano ascritti fra quelli petroliferi.

Art. 27 D.Lg. 105/15 Ispezioni [Art. 20 Dir. 2012/18/UE]

Generalità

Presentazione/argomentazione della problematica: L’idrazina idrato al 24% (CAS 7803-57-8) rientra tra le sostanze pericolose specificate nella Parte 2 dell’Allegato 1, alla voce 33: “Le seguenti sostanze CANCEROGENE, o le miscele contenenti le seguenti sostanze cancerogene, in concentrazioni superiori al 5 % in peso: 4-Amminobifenile e/o suoi sali, benzotricloruro, benzidina e/o suoi sali, ossido di bis(clorometile), ossido di clorometile e di metile, 1,2-dibromoetano, solfato di dietile, solfato di dimetile, cloruro di dimetilcarbamoile, 1,2-dibromo-3-cloropropano, 1,2-dimetilidrazina, dimetilnitrosammina, triammide esametilfosforica, idrazina, 2-naftilammina e/o suoi sali, 4-nitrodifenile e 1,3 propansultone“.

Per la voce 33 le quantità limite di soglia sono 0,5/2 tonnellate.

Nel caso in cui il quantitativo della “sostanza pericolosa specificata”, presente in stabilimento, non supera la quantità limite di soglia di cui all’allegato 1 parte 2, si procede con l’applicazione della regola della sommatoria secondo le modalità specificate alla nota 4 dell’Allegato 1, al fine di valutare i pericoli per la salute, i pericoli fisici e i pericoli per l’ambiente e quindi per determinare se lo stabilimento sia soggetto o meno alla soglia inferiore o a quella superiore.

Nel caso specifico, l’idrazina idrata al 24% (CAS 7803-57-8) è presente nello stabilimento in quantitativi superiori alla Colonna 2 (0,5 t) ed inferiori alla Colonna 3 (2 t) della voce 33 della parte 2 dell’allegato 1; risulta, pertanto, necessario considerare il contributo di tale sostanza ai fini della regola della sommatoria anche in relazione alla presenza di altre sostanze specificate e categorie di sostanze pericolose.

L’idrazina idrato al 24% non presenta una classificazione armonizzata ai sensi del Regolamento 1272/2008 CLP e, pertanto, è necessario per la classificazione di pericolo, da contemplare ai fini della applicazione della regola della sommatoria, fare riferimento alla scheda di sicurezza resa disponibile dal gestore.

Nel caso in questione per la sostanza pericolosa idrazina idrata al 24% (CAS 7803-57-8) nella scheda di sicurezza, oltre alla classificazione come cancerogeno, vengono riportate le seguenti classificazioni:

  • Tossicità Acuta Categoria 3 Codice di indicazione di pericolo H331 cui corrisponde la categoria H2 con soglie 50/200 tonnellate;
  • Pericoloso per l’ambiente acquatico, Categoria di Tossicità Acuta 1 Codice di indicazione di pericolo H400 cui corrisponde la categoria E1 con soglie 100/200 tonnellate;
  • Pericoloso per l’ambiente acquatico, Categoria di Tossicità Cronica 1 Codice di indicazione di pericolo H410 cui corrisponde la categoria E1 con soglie 100/200 tonnellate.

Posizione del gestore:
L’idrazina idrata rientra nell’allegato 1 in quanto sostanza cancerogena rientrante nella voce 33. Nelle sommatorie previste dalla nota 4 dell’allegato 1 non si considera questa particolare categoria di pericolo, bensì quelle connesse alla tossicità acuta per l’uomo (categorie da H1 a H3), all’infiammabilità o rischio di sviluppo di energia (categorie da P1 a P8), alla tossicità per l’ambiente acquatico (categorie E1 e E2). Si conclude che per l’idrazina idrata la regola della sommatoria per sostanze pericolose per l’ambiente non debba essere applicata riferendosi ai limiti di soglia dei cancerogeni, ma ai limiti di soglia dei tossici pericolosi per l’ambiente, trattandosi di pericoli differenti: di conseguenza, in tale sommatoria la quantità di idrazina (frasi H400-H410) va divisa per i limiti di soglia della categoria E1 (100/200 t).

Posizione della Commissione Ispettiva e della Autorità Competente:
Sulla base delle classificazioni di pericolo riportate sulla scheda di sicurezza, il contributo della idrazina idrato al 24% entra nella sommatoria per valutare i pericoli per la salute ed in quella per valutare i pericoli per l’ambiente, assieme alle altre sostanze pericolose presenti nello stabilimento, con Il proprio limite di soglia della voce 33 (0,5/2 t).

Posizione del SEG e della Commissione europea:
Nella più recente riunione del Seveso Expert Group presso la Commissione europea, tenutasi il 15 gennaio 2016, gli esperti degli Stati Membri, sollecitati da uno specifico quesito avanzato da uno Stato Membro, hanno concordato, in linea con l’interpretazione della Commissione europea, che nell’applicazione della regola della sommatoria debbono essere considerate le sostanze cancerogene appartenenti alla categoria 33 e che per esse vadano utilizzate le rispettive soglie specifiche ivi riportate (0,5/2 t). Non essendo emerse posizioni in dissenso, la Commissione ha concluso che non è necessaria nessuna ulteriore discussione sull’argomento.

Risposta: Sulla base dei più recenti orientamenti della Commissione Europea e degli esperti degli Stati Membri, il contributo dell’idrazina idrata al 24% e delle altre sostanze ricomprese nella voce 33 dell’allegato 1 parte 2 entra nelle pertinenti sommatorie, relative alle loro eventuali ulteriori categorie di pericolo, assieme a quelli delle altre sostanze pericolose presenti in uno stabilimento, con i limiti di soglia della voce 33, pari a 0,5 e 2 t.

Presentazione/argomentazione della problematica: Come chiarito nella Q&A n.039, approvata, nel Seveso Expert Group n.4 del 15 gennaio 2016 e pubblicata dalla Commissione europea il 1 marzo 2016 (Ref. Ares(2016)1040025 – 01/03/2016) per poter essere ricompresa nella voce n.34, lettera e) combustibili alternativi, una sostanza deve:

  1. essere destinata all’utilizzo come combustibile;
  2. avere proprietà di pericolo simili ai prodotti petroliferi delle lettere a), b), c), d) della voce n.34. Quindi sostanze che hanno una maggiore infiammabilità o sono più pericolose per l’ambiente dei suddetti prodotti petroliferi non possono essere ricompresi tra i combustibili alternativi. Tipicamente i prodotti petroliferi elencati nella voce n.34 sono classificati come liquidi infiammabili e/o pericolosi per
    l’ambiente-categoria di tossicità cronica 2. Ciò suggerisce che un combustibile alternativo deve essere liquido, poiché gas e solidi avrebbero proprietà differenti riguardo all’infiammabilità.

La voce n.34 include le miscele di combustibili alternativi con qualunque prodotto petrolifero ricomprese nelle lettere a), b), c) o d), a meno che la miscela non possa essere considerata ancora come un prodotto petrolifero.

La voce combustibili alternativi, sebbene non escluda altri combustibili di origine non-petrolifera, fu inizialmente introdotta per non discriminare i combustibili originati da fonti sostenibili e rinnovabili rispetto ai prodotti petroliferi.

Inoltre nell’introduzione dell’Allegato 1 del D.lgs.105/2015, al secondo capoverso viene specificato che: “Qualora una sostanza pericolosa sia compresa nella parte 1 del presente allegato e sia elencata anche nella parte 2, si applicano le quantità limite di cui alle colonne 2 e 3 della parte 2.”

Risposta: Il bio-diesel rientra nella voce n.34 lettera e) della parte 2

dell’Allegato1 del D.lgs.105/2015 nel caso in cui sia destinato all’utilizzo come combustibile ed abbia proprietà di pericolo simili ai prodotti petroliferi delle lettere a), b), c), d) della voce n. 34; in tal caso si applicano ad esso le quantità limite di cui alle colonne 2 e 3 della parte 2.

Presentazione/argomentazione della problematica: L’art.3 comma 1 lettera l), fornisce la seguente definizione di sostanza pericolosa: “ …. una sostanza o miscela di cui alla parte 1 o elencata nella

parte 2 dell’allegato 1, sotto forma di materia prima, prodotto, sottoprodotto, residuo o prodotto intermedio; …”. Non viene dunque fornita, ai fini dell’applicazione del D.lgs.105/2015, alcuna specificazione relativamente alle modalità di immagazzinamento, stoccaggio, produzione, utilizzo o manipolazione della sostanza pericolosa nello
stabilimento, tale da poter escludere il gestore dagli obblighi stabiliti dal D.lgs.105/2015, nel caso in cui nello stabilimento siano presenti sostanze pericolose in quantità pari o superiori alle quantità elencate nelle colonne 2 e 3 delle parti 1 o 2 dell’allegato 1.

Risposta: Gli oli lubrificanti presenti nello stabilimento come prodotti stoccati in magazzino in confezioni sigillate, nel caso in cui siano classificati come sostanza pericolosa ai sensi dell’art. 3, comma 1 lettera l) devono essere considerati ai fini dell’applicazione del D.lgs. 105/2015, a prescindere dalle modalità di immagazzinamento e imballaggio.

Presentazione/argomentazione della problematica: Il gestore di uno stabilimento di rigenerazione di oli usati (rigenerabili e non rigenerabili) ha classificato tale rifiuto, stoccato presso lo stabilimento, dotato di codice CER e di n. CAS 70514-12-4 (olio lubrificante) attribuendo ad esso la voce n.34 Prodotti petroliferi e combustibili alternativi dell’Allegato 1, parte 2. La scheda di sicurezza non evidenzia nessuna delle categorie/voci di pericolo della parte 1 dell’Allegato 1. Infatti la SdS riporta la classificazione Carc.1B con frasi di rischio H350-Può provocare il cancro/H304-può essere letale in caso di ingestione e di penetrazione nelle vie respiratorie/H412 -Nocivo per gli organismi acquatici con effetti di lunga durata Trattandosi di un rifiuto, all’olio usato è stata dunque applicata la nota 5 dell’Allegato 1 del D.lgs. 105/2015, che recita: 5. Le sostanze pericolose che non sono comprese nel regolamento (CE) n. 1272/2008, compresi i rifiuti, ma che si trovano o possono trovarsi in uno stabilimento e che presentano o possono presentare, nelle condizioni esistenti in detto stabilimento, proprietà analoghe per quanto riguarda la possibilità di incidenti rilevanti, sono provvisoriamente assimilate alla categoria o alla sostanza pericolosa specificata più simile che ricade nell’ambito di applicazione del presente decreto. Il Consorzio Obbligatorio Oli Usati da parte sua, in una nota inviata al MATTM, motiva tale posizione mettendo in evidenza, a partire dalla risposta N.39 fornita dal Seveso Expert Group presso la Commissione europea, gli elementi seguenti:

Elemento qualificante richiesto Caratteristiche degli oli usati
Essere destinati ad un uso come combustibile Tutti gli oli usati possono essere destinati ad uso come combustibile per quanto a conoscenza di chi effettua il recupero. E’ un impiego alternativo che tuttavia il DETENTORE ha la facoltà di perseguire nel caso ci siano dei vincoli tecnico economici e organizzativi che ne impediscano un utilizzo più nobile, il recupero di materia mediante la rigenerazione. Una decisione la cui responsabilità rimane affidata al Detentore.
Presentare caratteristiche di pericolosità simili a quelle dei prodotti petroliferi da (a) a (d) della voce 34. Come detto gli oli usati hanno caratteristiche simili agli oli Lubrificanti da cui provengono
Essere allo stato liquido Gli oli usati sono allo stato liquido
Essere un “liquido infiammabile” e/o “pericoloso per l’ambiente cronico di categoria 2” Gli oli usati sono “liquidi infiammabili” e/o “pericolosi per l’ambiente cronico di categoria 2”..
Non essere riferibili ad altre sostanze specificate nella parte 2 dell’Allegato 1 Gli oli usati non sono riferibili ad altre sostanze comprese nella parte 2 dell’Allegato 1
Riferirsi a combustibili provenienti da fonti sostenibili e rinnovabili Questa voce sembra essere scritta apposta per qualificare gli oli usati, la cui caratteristica è proprio la sostenibilità e la rinnovabilità nell’ottica della riduzione dell’impatto ambientale

Con riferimento agli argomentazioni fornite dal COOU si rileva quanto segue: – la rispondenza agli elementi di cui ai punti 3 e 5 risulta verificata; – le motivazioni addotte per dimostrare la rispondenza agli elementi 1 e 2 appaiono lasciare dei margini di incertezza in relazione ai seguenti punti: – l’assimilazione degli oli usati a combustibili alternativi, poiché l’utilizzo come combustibile degli oli usati appare residuale (cfr. art.236 c.12 del TU 152/2006 e smi), essendo previsto nel caso in cui effettivi vincoli di carattere tecnico economico e organizzativo ostino alla rigenerazione tesa alla produzione di oli base e in considerazione del fatto che tale impiego, in una prospettiva di tutela ambientale, risulta meno sostenibile della rigenerazione, che costituisce il fine principale di questa filiera industriale; – gli oli usati sono certamente simili agli oli lubrificanti, ma questi ultimi non sono esplicitamente ricompresi nelle categorie di prodotti petroliferi da a) a d) della voce 34; la similitudine degli oli lubrificanti a tali prodotti è dunque da verificare sulla base delle schede di sicurezza degli oli usati, o documentazione tecnica equivalente, da cui si evincano le loro caratteristiche di pericolosità; – la motivazione addotta per dimostrare la rispondenza all’elemento 6 non appare condivisibile in quanto in questo contesto (e in altri) si intende qualificare come alternativo, pur non escludendo altri combustibili di origine non petrolifera, un combustibile proveniente da fonti sostenibili e rinnovabili, con esclusione di quelli originati da fonti fossili. La precisazione è stata infatti inserita, in fase di approvazione della Direttiva europea 18/2012/UE per non discriminare i combustibili non aventi origine petrolifera, attribuendo a essi soglie di assoggettabilità più basse, derivanti dalle loro caratteristiche chimico-fisiche e di pericolosità.

Risposta: Gli oli usati possono essere assoggettati al D.lgs.105/2015, con riferimento alla nota 5 dell’Allegato 1, assimilandoli ai prodotti petroliferi da a) a d) di cui alla voce n. 34, purché siano verificate le seguenti condizioni: 1. che siano allo stato liquido; 2. che non siano riferibili ad altre sostanze specificate nella parte 2 dell’Allegato 1; 3. che siano destinati, nel quadro e ai sensi delle norme e delle autorizzazioni di settore vigenti, all’utilizzo come combustibile sulla base di effettivi vincoli di carattere tecnico economico e organizzativo che ostino alla rigenerazione tesa alla produzione di oli base (rif. art.236 c.12 del TU 152/2006), documentati per i controlli da parte delle Autorità competenti; 4. che l’assimilazione degli oli usati ai prodotti petroliferi da a) a d) della voce 34 sia dimostrata sulla base delle schede di sicurezza, o di altra documentazione tecnica equivalente, da cui si evincano le specifiche caratteristiche di pericolosità in modo da giustificare il fatto che tali prodotti siano ascritti fra quelli petroliferi.

Allegato 1 D.Lgs. 105/15 Sostanze Pericolose [Allegato I Dir. 2012/18/UE]

Allegato 1 parte 2 D.Lgs. 105/15 Sostanze pericolose specificate - Allegato I parte 2 Dir. 2012/18/UE

Presentazione/argomentazione della problematica: L’idrazina idrato al 24% (CAS 7803-57-8) rientra tra le sostanze pericolose specificate nella Parte 2 dell’Allegato 1, alla voce 33: “Le seguenti sostanze CANCEROGENE, o le miscele contenenti le seguenti sostanze cancerogene, in concentrazioni superiori al 5 % in peso: 4-Amminobifenile e/o suoi sali, benzotricloruro, benzidina e/o suoi sali, ossido di bis(clorometile), ossido di clorometile e di metile, 1,2-dibromoetano, solfato di dietile, solfato di dimetile, cloruro di dimetilcarbamoile, 1,2-dibromo-3-cloropropano, 1,2-dimetilidrazina, dimetilnitrosammina, triammide esametilfosforica, idrazina, 2-naftilammina e/o suoi sali, 4-nitrodifenile e 1,3 propansultone“.

Per la voce 33 le quantità limite di soglia sono 0,5/2 tonnellate.

Nel caso in cui il quantitativo della “sostanza pericolosa specificata”, presente in stabilimento, non supera la quantità limite di soglia di cui all’allegato 1 parte 2, si procede con l’applicazione della regola della sommatoria secondo le modalità specificate alla nota 4 dell’Allegato 1, al fine di valutare i pericoli per la salute, i pericoli fisici e i pericoli per l’ambiente e quindi per determinare se lo stabilimento sia soggetto o meno alla soglia inferiore o a quella superiore.

Nel caso specifico, l’idrazina idrata al 24% (CAS 7803-57-8) è presente nello stabilimento in quantitativi superiori alla Colonna 2 (0,5 t) ed inferiori alla Colonna 3 (2 t) della voce 33 della parte 2 dell’allegato 1; risulta, pertanto, necessario considerare il contributo di tale sostanza ai fini della regola della sommatoria anche in relazione alla presenza di altre sostanze specificate e categorie di sostanze pericolose.

L’idrazina idrato al 24% non presenta una classificazione armonizzata ai sensi del Regolamento 1272/2008 CLP e, pertanto, è necessario per la classificazione di pericolo, da contemplare ai fini della applicazione della regola della sommatoria, fare riferimento alla scheda di sicurezza resa disponibile dal gestore.

Nel caso in questione per la sostanza pericolosa idrazina idrata al 24% (CAS 7803-57-8) nella scheda di sicurezza, oltre alla classificazione come cancerogeno, vengono riportate le seguenti classificazioni:

  • Tossicità Acuta Categoria 3 Codice di indicazione di pericolo H331 cui corrisponde la categoria H2 con soglie 50/200 tonnellate;
  • Pericoloso per l’ambiente acquatico, Categoria di Tossicità Acuta 1 Codice di indicazione di pericolo H400 cui corrisponde la categoria E1 con soglie 100/200 tonnellate;
  • Pericoloso per l’ambiente acquatico, Categoria di Tossicità Cronica 1 Codice di indicazione di pericolo H410 cui corrisponde la categoria E1 con soglie 100/200 tonnellate.

Posizione del gestore:
L’idrazina idrata rientra nell’allegato 1 in quanto sostanza cancerogena rientrante nella voce 33. Nelle sommatorie previste dalla nota 4 dell’allegato 1 non si considera questa particolare categoria di pericolo, bensì quelle connesse alla tossicità acuta per l’uomo (categorie da H1 a H3), all’infiammabilità o rischio di sviluppo di energia (categorie da P1 a P8), alla tossicità per l’ambiente acquatico (categorie E1 e E2). Si conclude che per l’idrazina idrata la regola della sommatoria per sostanze pericolose per l’ambiente non debba essere applicata riferendosi ai limiti di soglia dei cancerogeni, ma ai limiti di soglia dei tossici pericolosi per l’ambiente, trattandosi di pericoli differenti: di conseguenza, in tale sommatoria la quantità di idrazina (frasi H400-H410) va divisa per i limiti di soglia della categoria E1 (100/200 t).

Posizione della Commissione Ispettiva e della Autorità Competente:
Sulla base delle classificazioni di pericolo riportate sulla scheda di sicurezza, il contributo della idrazina idrato al 24% entra nella sommatoria per valutare i pericoli per la salute ed in quella per valutare i pericoli per l’ambiente, assieme alle altre sostanze pericolose presenti nello stabilimento, con Il proprio limite di soglia della voce 33 (0,5/2 t).

Posizione del SEG e della Commissione europea:
Nella più recente riunione del Seveso Expert Group presso la Commissione europea, tenutasi il 15 gennaio 2016, gli esperti degli Stati Membri, sollecitati da uno specifico quesito avanzato da uno Stato Membro, hanno concordato, in linea con l’interpretazione della Commissione europea, che nell’applicazione della regola della sommatoria debbono essere considerate le sostanze cancerogene appartenenti alla categoria 33 e che per esse vadano utilizzate le rispettive soglie specifiche ivi riportate (0,5/2 t). Non essendo emerse posizioni in dissenso, la Commissione ha concluso che non è necessaria nessuna ulteriore discussione sull’argomento.

Risposta: Sulla base dei più recenti orientamenti della Commissione Europea e degli esperti degli Stati Membri, il contributo dell’idrazina idrata al 24% e delle altre sostanze ricomprese nella voce 33 dell’allegato 1 parte 2 entra nelle pertinenti sommatorie, relative alle loro eventuali ulteriori categorie di pericolo, assieme a quelli delle altre sostanze pericolose presenti in uno stabilimento, con i limiti di soglia della voce 33, pari a 0,5 e 2 t.

Presentazione/argomentazione della problematica: Come chiarito nella Q&A n.039, approvata, nel Seveso Expert Group n.4 del 15 gennaio 2016 e pubblicata dalla Commissione europea il 1 marzo 2016 (Ref. Ares(2016)1040025 – 01/03/2016) per poter essere ricompresa nella voce n.34, lettera e) combustibili alternativi, una sostanza deve:

  1. essere destinata all’utilizzo come combustibile;
  2. avere proprietà di pericolo simili ai prodotti petroliferi delle lettere a), b), c), d) della voce n.34. Quindi sostanze che hanno una maggiore infiammabilità o sono più pericolose per l’ambiente dei suddetti prodotti petroliferi non possono essere ricompresi tra i combustibili alternativi. Tipicamente i prodotti petroliferi elencati nella voce n.34 sono classificati come liquidi infiammabili e/o pericolosi per
    l’ambiente-categoria di tossicità cronica 2. Ciò suggerisce che un combustibile alternativo deve essere liquido, poiché gas e solidi avrebbero proprietà differenti riguardo all’infiammabilità.

La voce n.34 include le miscele di combustibili alternativi con qualunque prodotto petrolifero ricomprese nelle lettere a), b), c) o d), a meno che la miscela non possa essere considerata ancora come un prodotto petrolifero.

La voce combustibili alternativi, sebbene non escluda altri combustibili di origine non-petrolifera, fu inizialmente introdotta per non discriminare i combustibili originati da fonti sostenibili e rinnovabili rispetto ai prodotti petroliferi.

Inoltre nell’introduzione dell’Allegato 1 del D.lgs.105/2015, al secondo capoverso viene specificato che: “Qualora una sostanza pericolosa sia compresa nella parte 1 del presente allegato e sia elencata anche nella parte 2, si applicano le quantità limite di cui alle colonne 2 e 3 della parte 2.”

Risposta: Il bio-diesel rientra nella voce n.34 lettera e) della parte 2

dell’Allegato1 del D.lgs.105/2015 nel caso in cui sia destinato all’utilizzo come combustibile ed abbia proprietà di pericolo simili ai prodotti petroliferi delle lettere a), b), c), d) della voce n. 34; in tal caso si applicano ad esso le quantità limite di cui alle colonne 2 e 3 della parte 2.

Presentazione/argomentazione della problematica: L’art.3 comma 1 lettera l), fornisce la seguente definizione di sostanza pericolosa: “ …. una sostanza o miscela di cui alla parte 1 o elencata nella

parte 2 dell’allegato 1, sotto forma di materia prima, prodotto, sottoprodotto, residuo o prodotto intermedio; …”. Non viene dunque fornita, ai fini dell’applicazione del D.lgs.105/2015, alcuna specificazione relativamente alle modalità di immagazzinamento, stoccaggio, produzione, utilizzo o manipolazione della sostanza pericolosa nello
stabilimento, tale da poter escludere il gestore dagli obblighi stabiliti dal D.lgs.105/2015, nel caso in cui nello stabilimento siano presenti sostanze pericolose in quantità pari o superiori alle quantità elencate nelle colonne 2 e 3 delle parti 1 o 2 dell’allegato 1.

Risposta: Gli oli lubrificanti presenti nello stabilimento come prodotti stoccati in magazzino in confezioni sigillate, nel caso in cui siano classificati come sostanza pericolosa ai sensi dell’art. 3, comma 1 lettera l) devono essere considerati ai fini dell’applicazione del D.lgs. 105/2015, a prescindere dalle modalità di immagazzinamento e imballaggio.

Presentazione/argomentazione della problematica: Il gestore di uno stabilimento di rigenerazione di oli usati (rigenerabili e non rigenerabili) ha classificato tale rifiuto, stoccato presso lo stabilimento, dotato di codice CER e di n. CAS 70514-12-4 (olio lubrificante) attribuendo ad esso la voce n.34 Prodotti petroliferi e combustibili alternativi dell’Allegato 1, parte 2. La scheda di sicurezza non evidenzia nessuna delle categorie/voci di pericolo della parte 1 dell’Allegato 1. Infatti la SdS riporta la classificazione Carc.1B con frasi di rischio H350-Può provocare il cancro/H304-può essere letale in caso di ingestione e di penetrazione nelle vie respiratorie/H412 -Nocivo per gli organismi acquatici con effetti di lunga durata Trattandosi di un rifiuto, all’olio usato è stata dunque applicata la nota 5 dell’Allegato 1 del D.lgs. 105/2015, che recita: 5. Le sostanze pericolose che non sono comprese nel regolamento (CE) n. 1272/2008, compresi i rifiuti, ma che si trovano o possono trovarsi in uno stabilimento e che presentano o possono presentare, nelle condizioni esistenti in detto stabilimento, proprietà analoghe per quanto riguarda la possibilità di incidenti rilevanti, sono provvisoriamente assimilate alla categoria o alla sostanza pericolosa specificata più simile che ricade nell’ambito di applicazione del presente decreto. Il Consorzio Obbligatorio Oli Usati da parte sua, in una nota inviata al MATTM, motiva tale posizione mettendo in evidenza, a partire dalla risposta N.39 fornita dal Seveso Expert Group presso la Commissione europea, gli elementi seguenti:

Elemento qualificante richiesto Caratteristiche degli oli usati
Essere destinati ad un uso come combustibile Tutti gli oli usati possono essere destinati ad uso come combustibile per quanto a conoscenza di chi effettua il recupero. E’ un impiego alternativo che tuttavia il DETENTORE ha la facoltà di perseguire nel caso ci siano dei vincoli tecnico economici e organizzativi che ne impediscano un utilizzo più nobile, il recupero di materia mediante la rigenerazione. Una decisione la cui responsabilità rimane affidata al Detentore.
Presentare caratteristiche di pericolosità simili a quelle dei prodotti petroliferi da (a) a (d) della voce 34. Come detto gli oli usati hanno caratteristiche simili agli oli Lubrificanti da cui provengono
Essere allo stato liquido Gli oli usati sono allo stato liquido
Essere un “liquido infiammabile” e/o “pericoloso per l’ambiente cronico di categoria 2” Gli oli usati sono “liquidi infiammabili” e/o “pericolosi per l’ambiente cronico di categoria 2”..
Non essere riferibili ad altre sostanze specificate nella parte 2 dell’Allegato 1 Gli oli usati non sono riferibili ad altre sostanze comprese nella parte 2 dell’Allegato 1
Riferirsi a combustibili provenienti da fonti sostenibili e rinnovabili Questa voce sembra essere scritta apposta per qualificare gli oli usati, la cui caratteristica è proprio la sostenibilità e la rinnovabilità nell’ottica della riduzione dell’impatto ambientale

Con riferimento agli argomentazioni fornite dal COOU si rileva quanto segue: – la rispondenza agli elementi di cui ai punti 3 e 5 risulta verificata; – le motivazioni addotte per dimostrare la rispondenza agli elementi 1 e 2 appaiono lasciare dei margini di incertezza in relazione ai seguenti punti: – l’assimilazione degli oli usati a combustibili alternativi, poiché l’utilizzo come combustibile degli oli usati appare residuale (cfr. art.236 c.12 del TU 152/2006 e smi), essendo previsto nel caso in cui effettivi vincoli di carattere tecnico economico e organizzativo ostino alla rigenerazione tesa alla produzione di oli base e in considerazione del fatto che tale impiego, in una prospettiva di tutela ambientale, risulta meno sostenibile della rigenerazione, che costituisce il fine principale di questa filiera industriale; – gli oli usati sono certamente simili agli oli lubrificanti, ma questi ultimi non sono esplicitamente ricompresi nelle categorie di prodotti petroliferi da a) a d) della voce 34; la similitudine degli oli lubrificanti a tali prodotti è dunque da verificare sulla base delle schede di sicurezza degli oli usati, o documentazione tecnica equivalente, da cui si evincano le loro caratteristiche di pericolosità; – la motivazione addotta per dimostrare la rispondenza all’elemento 6 non appare condivisibile in quanto in questo contesto (e in altri) si intende qualificare come alternativo, pur non escludendo altri combustibili di origine non petrolifera, un combustibile proveniente da fonti sostenibili e rinnovabili, con esclusione di quelli originati da fonti fossili. La precisazione è stata infatti inserita, in fase di approvazione della Direttiva europea 18/2012/UE per non discriminare i combustibili non aventi origine petrolifera, attribuendo a essi soglie di assoggettabilità più basse, derivanti dalle loro caratteristiche chimico-fisiche e di pericolosità.

Risposta: Gli oli usati possono essere assoggettati al D.lgs.105/2015, con riferimento alla nota 5 dell’Allegato 1, assimilandoli ai prodotti petroliferi da a) a d) di cui alla voce n. 34, purché siano verificate le seguenti condizioni: 1. che siano allo stato liquido; 2. che non siano riferibili ad altre sostanze specificate nella parte 2 dell’Allegato 1; 3. che siano destinati, nel quadro e ai sensi delle norme e delle autorizzazioni di settore vigenti, all’utilizzo come combustibile sulla base di effettivi vincoli di carattere tecnico economico e organizzativo che ostino alla rigenerazione tesa alla produzione di oli base (rif. art.236 c.12 del TU 152/2006), documentati per i controlli da parte delle Autorità competenti; 4. che l’assimilazione degli oli usati ai prodotti petroliferi da a) a d) della voce 34 sia dimostrata sulla base delle schede di sicurezza, o di altra documentazione tecnica equivalente, da cui si evincano le specifiche caratteristiche di pericolosità in modo da giustificare il fatto che tali prodotti siano ascritti fra quelli petroliferi.

Prodotti petroliferi & combustibili alternativi

Presentazione/argomentazione della problematica: L’idrazina idrato al 24% (CAS 7803-57-8) rientra tra le sostanze pericolose specificate nella Parte 2 dell’Allegato 1, alla voce 33: “Le seguenti sostanze CANCEROGENE, o le miscele contenenti le seguenti sostanze cancerogene, in concentrazioni superiori al 5 % in peso: 4-Amminobifenile e/o suoi sali, benzotricloruro, benzidina e/o suoi sali, ossido di bis(clorometile), ossido di clorometile e di metile, 1,2-dibromoetano, solfato di dietile, solfato di dimetile, cloruro di dimetilcarbamoile, 1,2-dibromo-3-cloropropano, 1,2-dimetilidrazina, dimetilnitrosammina, triammide esametilfosforica, idrazina, 2-naftilammina e/o suoi sali, 4-nitrodifenile e 1,3 propansultone“.

Per la voce 33 le quantità limite di soglia sono 0,5/2 tonnellate.

Nel caso in cui il quantitativo della “sostanza pericolosa specificata”, presente in stabilimento, non supera la quantità limite di soglia di cui all’allegato 1 parte 2, si procede con l’applicazione della regola della sommatoria secondo le modalità specificate alla nota 4 dell’Allegato 1, al fine di valutare i pericoli per la salute, i pericoli fisici e i pericoli per l’ambiente e quindi per determinare se lo stabilimento sia soggetto o meno alla soglia inferiore o a quella superiore.

Nel caso specifico, l’idrazina idrata al 24% (CAS 7803-57-8) è presente nello stabilimento in quantitativi superiori alla Colonna 2 (0,5 t) ed inferiori alla Colonna 3 (2 t) della voce 33 della parte 2 dell’allegato 1; risulta, pertanto, necessario considerare il contributo di tale sostanza ai fini della regola della sommatoria anche in relazione alla presenza di altre sostanze specificate e categorie di sostanze pericolose.

L’idrazina idrato al 24% non presenta una classificazione armonizzata ai sensi del Regolamento 1272/2008 CLP e, pertanto, è necessario per la classificazione di pericolo, da contemplare ai fini della applicazione della regola della sommatoria, fare riferimento alla scheda di sicurezza resa disponibile dal gestore.

Nel caso in questione per la sostanza pericolosa idrazina idrata al 24% (CAS 7803-57-8) nella scheda di sicurezza, oltre alla classificazione come cancerogeno, vengono riportate le seguenti classificazioni:

  • Tossicità Acuta Categoria 3 Codice di indicazione di pericolo H331 cui corrisponde la categoria H2 con soglie 50/200 tonnellate;
  • Pericoloso per l’ambiente acquatico, Categoria di Tossicità Acuta 1 Codice di indicazione di pericolo H400 cui corrisponde la categoria E1 con soglie 100/200 tonnellate;
  • Pericoloso per l’ambiente acquatico, Categoria di Tossicità Cronica 1 Codice di indicazione di pericolo H410 cui corrisponde la categoria E1 con soglie 100/200 tonnellate.

Posizione del gestore:
L’idrazina idrata rientra nell’allegato 1 in quanto sostanza cancerogena rientrante nella voce 33. Nelle sommatorie previste dalla nota 4 dell’allegato 1 non si considera questa particolare categoria di pericolo, bensì quelle connesse alla tossicità acuta per l’uomo (categorie da H1 a H3), all’infiammabilità o rischio di sviluppo di energia (categorie da P1 a P8), alla tossicità per l’ambiente acquatico (categorie E1 e E2). Si conclude che per l’idrazina idrata la regola della sommatoria per sostanze pericolose per l’ambiente non debba essere applicata riferendosi ai limiti di soglia dei cancerogeni, ma ai limiti di soglia dei tossici pericolosi per l’ambiente, trattandosi di pericoli differenti: di conseguenza, in tale sommatoria la quantità di idrazina (frasi H400-H410) va divisa per i limiti di soglia della categoria E1 (100/200 t).

Posizione della Commissione Ispettiva e della Autorità Competente:
Sulla base delle classificazioni di pericolo riportate sulla scheda di sicurezza, il contributo della idrazina idrato al 24% entra nella sommatoria per valutare i pericoli per la salute ed in quella per valutare i pericoli per l’ambiente, assieme alle altre sostanze pericolose presenti nello stabilimento, con Il proprio limite di soglia della voce 33 (0,5/2 t).

Posizione del SEG e della Commissione europea:
Nella più recente riunione del Seveso Expert Group presso la Commissione europea, tenutasi il 15 gennaio 2016, gli esperti degli Stati Membri, sollecitati da uno specifico quesito avanzato da uno Stato Membro, hanno concordato, in linea con l’interpretazione della Commissione europea, che nell’applicazione della regola della sommatoria debbono essere considerate le sostanze cancerogene appartenenti alla categoria 33 e che per esse vadano utilizzate le rispettive soglie specifiche ivi riportate (0,5/2 t). Non essendo emerse posizioni in dissenso, la Commissione ha concluso che non è necessaria nessuna ulteriore discussione sull’argomento.

Risposta: Sulla base dei più recenti orientamenti della Commissione Europea e degli esperti degli Stati Membri, il contributo dell’idrazina idrata al 24% e delle altre sostanze ricomprese nella voce 33 dell’allegato 1 parte 2 entra nelle pertinenti sommatorie, relative alle loro eventuali ulteriori categorie di pericolo, assieme a quelli delle altre sostanze pericolose presenti in uno stabilimento, con i limiti di soglia della voce 33, pari a 0,5 e 2 t.

Presentazione/argomentazione della problematica: Come chiarito nella Q&A n.039, approvata, nel Seveso Expert Group n.4 del 15 gennaio 2016 e pubblicata dalla Commissione europea il 1 marzo 2016 (Ref. Ares(2016)1040025 – 01/03/2016) per poter essere ricompresa nella voce n.34, lettera e) combustibili alternativi, una sostanza deve:

  1. essere destinata all’utilizzo come combustibile;
  2. avere proprietà di pericolo simili ai prodotti petroliferi delle lettere a), b), c), d) della voce n.34. Quindi sostanze che hanno una maggiore infiammabilità o sono più pericolose per l’ambiente dei suddetti prodotti petroliferi non possono essere ricompresi tra i combustibili alternativi. Tipicamente i prodotti petroliferi elencati nella voce n.34 sono classificati come liquidi infiammabili e/o pericolosi per
    l’ambiente-categoria di tossicità cronica 2. Ciò suggerisce che un combustibile alternativo deve essere liquido, poiché gas e solidi avrebbero proprietà differenti riguardo all’infiammabilità.

La voce n.34 include le miscele di combustibili alternativi con qualunque prodotto petrolifero ricomprese nelle lettere a), b), c) o d), a meno che la miscela non possa essere considerata ancora come un prodotto petrolifero.

La voce combustibili alternativi, sebbene non escluda altri combustibili di origine non-petrolifera, fu inizialmente introdotta per non discriminare i combustibili originati da fonti sostenibili e rinnovabili rispetto ai prodotti petroliferi.

Inoltre nell’introduzione dell’Allegato 1 del D.lgs.105/2015, al secondo capoverso viene specificato che: “Qualora una sostanza pericolosa sia compresa nella parte 1 del presente allegato e sia elencata anche nella parte 2, si applicano le quantità limite di cui alle colonne 2 e 3 della parte 2.”

Risposta: Il bio-diesel rientra nella voce n.34 lettera e) della parte 2

dell’Allegato1 del D.lgs.105/2015 nel caso in cui sia destinato all’utilizzo come combustibile ed abbia proprietà di pericolo simili ai prodotti petroliferi delle lettere a), b), c), d) della voce n. 34; in tal caso si applicano ad esso le quantità limite di cui alle colonne 2 e 3 della parte 2.

Presentazione/argomentazione della problematica: L’art.3 comma 1 lettera l), fornisce la seguente definizione di sostanza pericolosa: “ …. una sostanza o miscela di cui alla parte 1 o elencata nella

parte 2 dell’allegato 1, sotto forma di materia prima, prodotto, sottoprodotto, residuo o prodotto intermedio; …”. Non viene dunque fornita, ai fini dell’applicazione del D.lgs.105/2015, alcuna specificazione relativamente alle modalità di immagazzinamento, stoccaggio, produzione, utilizzo o manipolazione della sostanza pericolosa nello
stabilimento, tale da poter escludere il gestore dagli obblighi stabiliti dal D.lgs.105/2015, nel caso in cui nello stabilimento siano presenti sostanze pericolose in quantità pari o superiori alle quantità elencate nelle colonne 2 e 3 delle parti 1 o 2 dell’allegato 1.

Risposta: Gli oli lubrificanti presenti nello stabilimento come prodotti stoccati in magazzino in confezioni sigillate, nel caso in cui siano classificati come sostanza pericolosa ai sensi dell’art. 3, comma 1 lettera l) devono essere considerati ai fini dell’applicazione del D.lgs. 105/2015, a prescindere dalle modalità di immagazzinamento e imballaggio.

Presentazione/argomentazione della problematica: Il gestore di uno stabilimento di rigenerazione di oli usati (rigenerabili e non rigenerabili) ha classificato tale rifiuto, stoccato presso lo stabilimento, dotato di codice CER e di n. CAS 70514-12-4 (olio lubrificante) attribuendo ad esso la voce n.34 Prodotti petroliferi e combustibili alternativi dell’Allegato 1, parte 2. La scheda di sicurezza non evidenzia nessuna delle categorie/voci di pericolo della parte 1 dell’Allegato 1. Infatti la SdS riporta la classificazione Carc.1B con frasi di rischio H350-Può provocare il cancro/H304-può essere letale in caso di ingestione e di penetrazione nelle vie respiratorie/H412 -Nocivo per gli organismi acquatici con effetti di lunga durata Trattandosi di un rifiuto, all’olio usato è stata dunque applicata la nota 5 dell’Allegato 1 del D.lgs. 105/2015, che recita: 5. Le sostanze pericolose che non sono comprese nel regolamento (CE) n. 1272/2008, compresi i rifiuti, ma che si trovano o possono trovarsi in uno stabilimento e che presentano o possono presentare, nelle condizioni esistenti in detto stabilimento, proprietà analoghe per quanto riguarda la possibilità di incidenti rilevanti, sono provvisoriamente assimilate alla categoria o alla sostanza pericolosa specificata più simile che ricade nell’ambito di applicazione del presente decreto. Il Consorzio Obbligatorio Oli Usati da parte sua, in una nota inviata al MATTM, motiva tale posizione mettendo in evidenza, a partire dalla risposta N.39 fornita dal Seveso Expert Group presso la Commissione europea, gli elementi seguenti:

Elemento qualificante richiesto Caratteristiche degli oli usati
Essere destinati ad un uso come combustibile Tutti gli oli usati possono essere destinati ad uso come combustibile per quanto a conoscenza di chi effettua il recupero. E’ un impiego alternativo che tuttavia il DETENTORE ha la facoltà di perseguire nel caso ci siano dei vincoli tecnico economici e organizzativi che ne impediscano un utilizzo più nobile, il recupero di materia mediante la rigenerazione. Una decisione la cui responsabilità rimane affidata al Detentore.
Presentare caratteristiche di pericolosità simili a quelle dei prodotti petroliferi da (a) a (d) della voce 34. Come detto gli oli usati hanno caratteristiche simili agli oli Lubrificanti da cui provengono
Essere allo stato liquido Gli oli usati sono allo stato liquido
Essere un “liquido infiammabile” e/o “pericoloso per l’ambiente cronico di categoria 2” Gli oli usati sono “liquidi infiammabili” e/o “pericolosi per l’ambiente cronico di categoria 2”..
Non essere riferibili ad altre sostanze specificate nella parte 2 dell’Allegato 1 Gli oli usati non sono riferibili ad altre sostanze comprese nella parte 2 dell’Allegato 1
Riferirsi a combustibili provenienti da fonti sostenibili e rinnovabili Questa voce sembra essere scritta apposta per qualificare gli oli usati, la cui caratteristica è proprio la sostenibilità e la rinnovabilità nell’ottica della riduzione dell’impatto ambientale

Con riferimento agli argomentazioni fornite dal COOU si rileva quanto segue: – la rispondenza agli elementi di cui ai punti 3 e 5 risulta verificata; – le motivazioni addotte per dimostrare la rispondenza agli elementi 1 e 2 appaiono lasciare dei margini di incertezza in relazione ai seguenti punti: – l’assimilazione degli oli usati a combustibili alternativi, poiché l’utilizzo come combustibile degli oli usati appare residuale (cfr. art.236 c.12 del TU 152/2006 e smi), essendo previsto nel caso in cui effettivi vincoli di carattere tecnico economico e organizzativo ostino alla rigenerazione tesa alla produzione di oli base e in considerazione del fatto che tale impiego, in una prospettiva di tutela ambientale, risulta meno sostenibile della rigenerazione, che costituisce il fine principale di questa filiera industriale; – gli oli usati sono certamente simili agli oli lubrificanti, ma questi ultimi non sono esplicitamente ricompresi nelle categorie di prodotti petroliferi da a) a d) della voce 34; la similitudine degli oli lubrificanti a tali prodotti è dunque da verificare sulla base delle schede di sicurezza degli oli usati, o documentazione tecnica equivalente, da cui si evincano le loro caratteristiche di pericolosità; – la motivazione addotta per dimostrare la rispondenza all’elemento 6 non appare condivisibile in quanto in questo contesto (e in altri) si intende qualificare come alternativo, pur non escludendo altri combustibili di origine non petrolifera, un combustibile proveniente da fonti sostenibili e rinnovabili, con esclusione di quelli originati da fonti fossili. La precisazione è stata infatti inserita, in fase di approvazione della Direttiva europea 18/2012/UE per non discriminare i combustibili non aventi origine petrolifera, attribuendo a essi soglie di assoggettabilità più basse, derivanti dalle loro caratteristiche chimico-fisiche e di pericolosità.

Risposta: Gli oli usati possono essere assoggettati al D.lgs.105/2015, con riferimento alla nota 5 dell’Allegato 1, assimilandoli ai prodotti petroliferi da a) a d) di cui alla voce n. 34, purché siano verificate le seguenti condizioni: 1. che siano allo stato liquido; 2. che non siano riferibili ad altre sostanze specificate nella parte 2 dell’Allegato 1; 3. che siano destinati, nel quadro e ai sensi delle norme e delle autorizzazioni di settore vigenti, all’utilizzo come combustibile sulla base di effettivi vincoli di carattere tecnico economico e organizzativo che ostino alla rigenerazione tesa alla produzione di oli base (rif. art.236 c.12 del TU 152/2006), documentati per i controlli da parte delle Autorità competenti; 4. che l’assimilazione degli oli usati ai prodotti petroliferi da a) a d) della voce 34 sia dimostrata sulla base delle schede di sicurezza, o di altra documentazione tecnica equivalente, da cui si evincano le specifiche caratteristiche di pericolosità in modo da giustificare il fatto che tali prodotti siano ascritti fra quelli petroliferi.

Allegato 2 D.Lgs. 105/15 Rapporto di Sicurezza [Allegato II Dir. 2012/18/UE]
Corrisponde all’Allegato 2 D.Lgs. 105/15. L’argomento è specificatamente approfondito nell’Allegato C D.Lgs. 105/15

Modalità di presentazione del RdS

Presentazione/argomentazione della problematica: L’idrazina idrato al 24% (CAS 7803-57-8) rientra tra le sostanze pericolose specificate nella Parte 2 dell’Allegato 1, alla voce 33: “Le seguenti sostanze CANCEROGENE, o le miscele contenenti le seguenti sostanze cancerogene, in concentrazioni superiori al 5 % in peso: 4-Amminobifenile e/o suoi sali, benzotricloruro, benzidina e/o suoi sali, ossido di bis(clorometile), ossido di clorometile e di metile, 1,2-dibromoetano, solfato di dietile, solfato di dimetile, cloruro di dimetilcarbamoile, 1,2-dibromo-3-cloropropano, 1,2-dimetilidrazina, dimetilnitrosammina, triammide esametilfosforica, idrazina, 2-naftilammina e/o suoi sali, 4-nitrodifenile e 1,3 propansultone“.

Per la voce 33 le quantità limite di soglia sono 0,5/2 tonnellate.

Nel caso in cui il quantitativo della “sostanza pericolosa specificata”, presente in stabilimento, non supera la quantità limite di soglia di cui all’allegato 1 parte 2, si procede con l’applicazione della regola della sommatoria secondo le modalità specificate alla nota 4 dell’Allegato 1, al fine di valutare i pericoli per la salute, i pericoli fisici e i pericoli per l’ambiente e quindi per determinare se lo stabilimento sia soggetto o meno alla soglia inferiore o a quella superiore.

Nel caso specifico, l’idrazina idrata al 24% (CAS 7803-57-8) è presente nello stabilimento in quantitativi superiori alla Colonna 2 (0,5 t) ed inferiori alla Colonna 3 (2 t) della voce 33 della parte 2 dell’allegato 1; risulta, pertanto, necessario considerare il contributo di tale sostanza ai fini della regola della sommatoria anche in relazione alla presenza di altre sostanze specificate e categorie di sostanze pericolose.

L’idrazina idrato al 24% non presenta una classificazione armonizzata ai sensi del Regolamento 1272/2008 CLP e, pertanto, è necessario per la classificazione di pericolo, da contemplare ai fini della applicazione della regola della sommatoria, fare riferimento alla scheda di sicurezza resa disponibile dal gestore.

Nel caso in questione per la sostanza pericolosa idrazina idrata al 24% (CAS 7803-57-8) nella scheda di sicurezza, oltre alla classificazione come cancerogeno, vengono riportate le seguenti classificazioni:

  • Tossicità Acuta Categoria 3 Codice di indicazione di pericolo H331 cui corrisponde la categoria H2 con soglie 50/200 tonnellate;
  • Pericoloso per l’ambiente acquatico, Categoria di Tossicità Acuta 1 Codice di indicazione di pericolo H400 cui corrisponde la categoria E1 con soglie 100/200 tonnellate;
  • Pericoloso per l’ambiente acquatico, Categoria di Tossicità Cronica 1 Codice di indicazione di pericolo H410 cui corrisponde la categoria E1 con soglie 100/200 tonnellate.

Posizione del gestore:
L’idrazina idrata rientra nell’allegato 1 in quanto sostanza cancerogena rientrante nella voce 33. Nelle sommatorie previste dalla nota 4 dell’allegato 1 non si considera questa particolare categoria di pericolo, bensì quelle connesse alla tossicità acuta per l’uomo (categorie da H1 a H3), all’infiammabilità o rischio di sviluppo di energia (categorie da P1 a P8), alla tossicità per l’ambiente acquatico (categorie E1 e E2). Si conclude che per l’idrazina idrata la regola della sommatoria per sostanze pericolose per l’ambiente non debba essere applicata riferendosi ai limiti di soglia dei cancerogeni, ma ai limiti di soglia dei tossici pericolosi per l’ambiente, trattandosi di pericoli differenti: di conseguenza, in tale sommatoria la quantità di idrazina (frasi H400-H410) va divisa per i limiti di soglia della categoria E1 (100/200 t).

Posizione della Commissione Ispettiva e della Autorità Competente:
Sulla base delle classificazioni di pericolo riportate sulla scheda di sicurezza, il contributo della idrazina idrato al 24% entra nella sommatoria per valutare i pericoli per la salute ed in quella per valutare i pericoli per l’ambiente, assieme alle altre sostanze pericolose presenti nello stabilimento, con Il proprio limite di soglia della voce 33 (0,5/2 t).

Posizione del SEG e della Commissione europea:
Nella più recente riunione del Seveso Expert Group presso la Commissione europea, tenutasi il 15 gennaio 2016, gli esperti degli Stati Membri, sollecitati da uno specifico quesito avanzato da uno Stato Membro, hanno concordato, in linea con l’interpretazione della Commissione europea, che nell’applicazione della regola della sommatoria debbono essere considerate le sostanze cancerogene appartenenti alla categoria 33 e che per esse vadano utilizzate le rispettive soglie specifiche ivi riportate (0,5/2 t). Non essendo emerse posizioni in dissenso, la Commissione ha concluso che non è necessaria nessuna ulteriore discussione sull’argomento.

Risposta: Sulla base dei più recenti orientamenti della Commissione Europea e degli esperti degli Stati Membri, il contributo dell’idrazina idrata al 24% e delle altre sostanze ricomprese nella voce 33 dell’allegato 1 parte 2 entra nelle pertinenti sommatorie, relative alle loro eventuali ulteriori categorie di pericolo, assieme a quelli delle altre sostanze pericolose presenti in uno stabilimento, con i limiti di soglia della voce 33, pari a 0,5 e 2 t.

Presentazione/argomentazione della problematica: Come chiarito nella Q&A n.039, approvata, nel Seveso Expert Group n.4 del 15 gennaio 2016 e pubblicata dalla Commissione europea il 1 marzo 2016 (Ref. Ares(2016)1040025 – 01/03/2016) per poter essere ricompresa nella voce n.34, lettera e) combustibili alternativi, una sostanza deve:

  1. essere destinata all’utilizzo come combustibile;
  2. avere proprietà di pericolo simili ai prodotti petroliferi delle lettere a), b), c), d) della voce n.34. Quindi sostanze che hanno una maggiore infiammabilità o sono più pericolose per l’ambiente dei suddetti prodotti petroliferi non possono essere ricompresi tra i combustibili alternativi. Tipicamente i prodotti petroliferi elencati nella voce n.34 sono classificati come liquidi infiammabili e/o pericolosi per
    l’ambiente-categoria di tossicità cronica 2. Ciò suggerisce che un combustibile alternativo deve essere liquido, poiché gas e solidi avrebbero proprietà differenti riguardo all’infiammabilità.

La voce n.34 include le miscele di combustibili alternativi con qualunque prodotto petrolifero ricomprese nelle lettere a), b), c) o d), a meno che la miscela non possa essere considerata ancora come un prodotto petrolifero.

La voce combustibili alternativi, sebbene non escluda altri combustibili di origine non-petrolifera, fu inizialmente introdotta per non discriminare i combustibili originati da fonti sostenibili e rinnovabili rispetto ai prodotti petroliferi.

Inoltre nell’introduzione dell’Allegato 1 del D.lgs.105/2015, al secondo capoverso viene specificato che: “Qualora una sostanza pericolosa sia compresa nella parte 1 del presente allegato e sia elencata anche nella parte 2, si applicano le quantità limite di cui alle colonne 2 e 3 della parte 2.”

Risposta: Il bio-diesel rientra nella voce n.34 lettera e) della parte 2

dell’Allegato1 del D.lgs.105/2015 nel caso in cui sia destinato all’utilizzo come combustibile ed abbia proprietà di pericolo simili ai prodotti petroliferi delle lettere a), b), c), d) della voce n. 34; in tal caso si applicano ad esso le quantità limite di cui alle colonne 2 e 3 della parte 2.

Presentazione/argomentazione della problematica: L’art.3 comma 1 lettera l), fornisce la seguente definizione di sostanza pericolosa: “ …. una sostanza o miscela di cui alla parte 1 o elencata nella

parte 2 dell’allegato 1, sotto forma di materia prima, prodotto, sottoprodotto, residuo o prodotto intermedio; …”. Non viene dunque fornita, ai fini dell’applicazione del D.lgs.105/2015, alcuna specificazione relativamente alle modalità di immagazzinamento, stoccaggio, produzione, utilizzo o manipolazione della sostanza pericolosa nello
stabilimento, tale da poter escludere il gestore dagli obblighi stabiliti dal D.lgs.105/2015, nel caso in cui nello stabilimento siano presenti sostanze pericolose in quantità pari o superiori alle quantità elencate nelle colonne 2 e 3 delle parti 1 o 2 dell’allegato 1.

Risposta: Gli oli lubrificanti presenti nello stabilimento come prodotti stoccati in magazzino in confezioni sigillate, nel caso in cui siano classificati come sostanza pericolosa ai sensi dell’art. 3, comma 1 lettera l) devono essere considerati ai fini dell’applicazione del D.lgs. 105/2015, a prescindere dalle modalità di immagazzinamento e imballaggio.

Presentazione/argomentazione della problematica: Il gestore di uno stabilimento di rigenerazione di oli usati (rigenerabili e non rigenerabili) ha classificato tale rifiuto, stoccato presso lo stabilimento, dotato di codice CER e di n. CAS 70514-12-4 (olio lubrificante) attribuendo ad esso la voce n.34 Prodotti petroliferi e combustibili alternativi dell’Allegato 1, parte 2. La scheda di sicurezza non evidenzia nessuna delle categorie/voci di pericolo della parte 1 dell’Allegato 1. Infatti la SdS riporta la classificazione Carc.1B con frasi di rischio H350-Può provocare il cancro/H304-può essere letale in caso di ingestione e di penetrazione nelle vie respiratorie/H412 -Nocivo per gli organismi acquatici con effetti di lunga durata Trattandosi di un rifiuto, all’olio usato è stata dunque applicata la nota 5 dell’Allegato 1 del D.lgs. 105/2015, che recita: 5. Le sostanze pericolose che non sono comprese nel regolamento (CE) n. 1272/2008, compresi i rifiuti, ma che si trovano o possono trovarsi in uno stabilimento e che presentano o possono presentare, nelle condizioni esistenti in detto stabilimento, proprietà analoghe per quanto riguarda la possibilità di incidenti rilevanti, sono provvisoriamente assimilate alla categoria o alla sostanza pericolosa specificata più simile che ricade nell’ambito di applicazione del presente decreto. Il Consorzio Obbligatorio Oli Usati da parte sua, in una nota inviata al MATTM, motiva tale posizione mettendo in evidenza, a partire dalla risposta N.39 fornita dal Seveso Expert Group presso la Commissione europea, gli elementi seguenti:

Elemento qualificante richiesto Caratteristiche degli oli usati
Essere destinati ad un uso come combustibile Tutti gli oli usati possono essere destinati ad uso come combustibile per quanto a conoscenza di chi effettua il recupero. E’ un impiego alternativo che tuttavia il DETENTORE ha la facoltà di perseguire nel caso ci siano dei vincoli tecnico economici e organizzativi che ne impediscano un utilizzo più nobile, il recupero di materia mediante la rigenerazione. Una decisione la cui responsabilità rimane affidata al Detentore.
Presentare caratteristiche di pericolosità simili a quelle dei prodotti petroliferi da (a) a (d) della voce 34. Come detto gli oli usati hanno caratteristiche simili agli oli Lubrificanti da cui provengono
Essere allo stato liquido Gli oli usati sono allo stato liquido
Essere un “liquido infiammabile” e/o “pericoloso per l’ambiente cronico di categoria 2” Gli oli usati sono “liquidi infiammabili” e/o “pericolosi per l’ambiente cronico di categoria 2”..
Non essere riferibili ad altre sostanze specificate nella parte 2 dell’Allegato 1 Gli oli usati non sono riferibili ad altre sostanze comprese nella parte 2 dell’Allegato 1
Riferirsi a combustibili provenienti da fonti sostenibili e rinnovabili Questa voce sembra essere scritta apposta per qualificare gli oli usati, la cui caratteristica è proprio la sostenibilità e la rinnovabilità nell’ottica della riduzione dell’impatto ambientale

Con riferimento agli argomentazioni fornite dal COOU si rileva quanto segue: – la rispondenza agli elementi di cui ai punti 3 e 5 risulta verificata; – le motivazioni addotte per dimostrare la rispondenza agli elementi 1 e 2 appaiono lasciare dei margini di incertezza in relazione ai seguenti punti: – l’assimilazione degli oli usati a combustibili alternativi, poiché l’utilizzo come combustibile degli oli usati appare residuale (cfr. art.236 c.12 del TU 152/2006 e smi), essendo previsto nel caso in cui effettivi vincoli di carattere tecnico economico e organizzativo ostino alla rigenerazione tesa alla produzione di oli base e in considerazione del fatto che tale impiego, in una prospettiva di tutela ambientale, risulta meno sostenibile della rigenerazione, che costituisce il fine principale di questa filiera industriale; – gli oli usati sono certamente simili agli oli lubrificanti, ma questi ultimi non sono esplicitamente ricompresi nelle categorie di prodotti petroliferi da a) a d) della voce 34; la similitudine degli oli lubrificanti a tali prodotti è dunque da verificare sulla base delle schede di sicurezza degli oli usati, o documentazione tecnica equivalente, da cui si evincano le loro caratteristiche di pericolosità; – la motivazione addotta per dimostrare la rispondenza all’elemento 6 non appare condivisibile in quanto in questo contesto (e in altri) si intende qualificare come alternativo, pur non escludendo altri combustibili di origine non petrolifera, un combustibile proveniente da fonti sostenibili e rinnovabili, con esclusione di quelli originati da fonti fossili. La precisazione è stata infatti inserita, in fase di approvazione della Direttiva europea 18/2012/UE per non discriminare i combustibili non aventi origine petrolifera, attribuendo a essi soglie di assoggettabilità più basse, derivanti dalle loro caratteristiche chimico-fisiche e di pericolosità.

Risposta: Gli oli usati possono essere assoggettati al D.lgs.105/2015, con riferimento alla nota 5 dell’Allegato 1, assimilandoli ai prodotti petroliferi da a) a d) di cui alla voce n. 34, purché siano verificate le seguenti condizioni: 1. che siano allo stato liquido; 2. che non siano riferibili ad altre sostanze specificate nella parte 2 dell’Allegato 1; 3. che siano destinati, nel quadro e ai sensi delle norme e delle autorizzazioni di settore vigenti, all’utilizzo come combustibile sulla base di effettivi vincoli di carattere tecnico economico e organizzativo che ostino alla rigenerazione tesa alla produzione di oli base (rif. art.236 c.12 del TU 152/2006), documentati per i controlli da parte delle Autorità competenti; 4. che l’assimilazione degli oli usati ai prodotti petroliferi da a) a d) della voce 34 sia dimostrata sulla base delle schede di sicurezza, o di altra documentazione tecnica equivalente, da cui si evincano le specifiche caratteristiche di pericolosità in modo da giustificare il fatto che tali prodotti siano ascritti fra quelli petroliferi.

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